Page 156 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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bagaglio culturale e spirituale esclusivo di un generico teologo ma che rientravano nella casistica operativa di un dotto, pratico esorcista.
Insomma, un’ottima scelta da parte del cardinale Taverna che, tra l’altro459, è lecito credere avesse in mente un personaggio non solo pio, non solo teologicamente preparato, non soltanto valido esorcista ma anche – e forse soprattutto – quanto mai riservato e di provata fedeltà, per evitare che venissero divulgati particolari certamente scomodi per la famiglia aristocratica cardinalizia, informazioni indubbiamente scabrose e che in quei mesi, se rese note, avrebbero provocato non pochi malumori, se non aperto scandalo tra politica e religione – a Milano e a Madrid.
Amore e odio, vita e morte: un intreccio spesso e per molti aspetti indissolubile. Casi di non sempre facile soluzione per i teologi che si cimentavano nel suggerire ben definite risposte alle affannose domande di preti e curati. Casi infine che, se oggetto specifico delle lezioni di Francesco ai suoi giovani chierici studenti, è fuor di dubbio fossero non solo conclamate evenienze, ma tra le più sentite e diffuse, specie in ambito specificamente rurale, campestre.
E’ infatti necessario cercare di calarsi nella realtà quotidiana di quei tempi già normalmente calamitosi, quando cioè, oltre alle carestie, alle epidemie e alle guerre, un reale o supposto maleficio lanciato – per esempio – contro la fertilità del bestiame o dei campi poteva, allora e forse anche oggi, prostrare psicologicamente i contadini e le loro famiglie costringendoli a rivolgersi alla Chiesa, nella migliore delle ipotesi, per invocare la protezione divina attraverso esorcismi che muovevano però da credenze non di rado paganeggianti. Nell’ipotesi peggiore, e di sicuro non era raro che si verificasse, la gente non esitava: si rivolgeva convinta ai demoni e alle potenze infernali attraverso l’opera di streghe, fattucchiere, maghi e guaritori nella piena convinzione di poter accedere a sicurezze e garanzie che né la Chiesa, né i re o gli imperatori potevano offrire.
Da S. Cristina a Loreto e ritorno
Ma riprendiamo con ordine e torniamo allo scorcio del 1614, che si chiudeva con una messa “...pro remissione negligentiarum huius anni”, e ai primi del 1615, un anno che per Quagliotti si apriva con una densa predica a Maggiora “...ut hoc anno felix et ubique nomen Dei ne blasphemetur” e con i successivi, quasi febbrili spostamenti a Revislate (il 2), a Veruno (il 13) a Gattico (il 16), a Castelletto Ticino (il 18), a Gozzano (il 19), a Fontaneto (il 20), a Bogogno, (il 21), a Cressa (dal 22 al 25), a Borgomanero (il 26). Come si può constatare un vero e proprio turbinio di viaggi a breve e medio raggio che, per la loro frequenza, è difficile considerare quale semplice routine460.
459 E nonostante le parentele non certo brillanti quanto a garanzia di serietà: una sorella che si dichiarava colpita da maleficio, un fratrello a tal punto orgoglioso e violento da aver fatto eliminare nel proprio palazzo il delittuoso complice nonché amante di sr. Virginia Maria de Leyva.
460 Per tutti i puntuali agganci cronologici relativi agli spostamenti di Quagliotti cui si fa e si farà riferimento si veda in AONo, cart. 2, Libro delle messe.