Page 142 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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riferimento politico internazionale, altre leggi, altri statuti... Insomma, stranieri dopo poche ore di marcia.
Il teologo di S. Cristina inoltre sapeva perfettamente, purtroppo da vicino438, quanto fosse importante trattare dello spinoso tema del mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica: abbiamo visto infatti come lui stesso ne avesse verificato l’emergenza quando “...ale tre ore de notte” e proprio nel corso di una sanguinosa rissa venne ferito “sopra una sguancia et una orechia” il suo chierico Benedetto Pirola.
Un dispiacere doppio per Quagliotti, questo, quando venne a sapere che a ferire il pur inquieto e insubordinato chierico fosse stato “...il S.r Gio.Maria Marino, nepote del S.r Curato de Fontanedo”! Che dire poi del fatto che ancora e proprio a Fontaneto439 fosse stato inseguito fin fuori dal villaggio da un bravo con la spada nuda in mano? Un problema reale, concreto, sentito quindi e, a quanto pare, ben lontano dall’essere risolto.
Dunque era bene che i chierici sapessero “Quid sit rixa” e pertanto quale “...peccatum sit rixa”. Quagliotti qui si diffonde su un duplice piano: gli pare il caso di indagare sia “quid nominis” sia “quid rei”. Quanto al primo livello, per un dotto Quagliotti si può spiegare ricorrendo alle Etymologiae di Isidoro di Siviglia mentre nella pratica delle cose (secondo livello) si tratta, in sostanza, di una “pugna” tra persone private “ex mutua ira, et excandescentia concitata”.
È tuttavia necessaria, secondo il metodo espositivo della lectio in S. Cristina, una ulteriore precisazione per cercare di distinguere i ruoli tra i protagonisti della rissa. Tale peccato infatti, che andava meglio connotato e descritto nell’eventualità, sicuramente non remota, di dover confessare i protagonisti di una movimentata azione violenta di gruppo, “potest contingere in rixa tum ex parte invasoris, tum ex parte invasi”. Pertanto, la rissa “...ex parte invasoris semper est, ex suo genere,
438 Nel contado di Novara, che la zona del Borgomanerese fosse di difficile gestione, come altre peraltro, quanto al mantenimento della sicurezza pubblica era ed è cosa nota. Per avere un’idea della diffusa preoccupazione di laici ed ecclesiastici per la violenta microcriminalità, aristocratica e no, ricerche storiche che si sono avvalse di puntuale documentazione d’archivio hanno potuto appurare che tra i processi criminali celebrati nella pretura di Borgomanero nel periodo 1572-1579 – circa un quarantennio prima, insomma, dell’epoca di Francesco – c’erano state ben undici condanne per omicidio volontario, due per infanticidio, quarantotto procedimenti per lesioni e ferimenti, ventuno cause per avvenuti duelli alla spada, trentotto per lesioni provocate nel corso di risse con armi di altro genere (bastoni, sassi, pugni, ecc.), undici per minaccia a mano armata, altrettante per violenza carnale, otto per furto, quindici per porto abusivo di armi proibite (archibugi o pistoletti a ruota, pugnali ecc.), otto per bestemmia, tre per gioco d’azzardo, otto per resistenza a pubblico ufficiale, tre per favoreggiamento, diremmo oggi, verso banditi o facinorosi, una per procurata evasione). Tra il 1602 e il 1618, per esempio, tra le carte di notai che Quagliotti ben conosceva, quali Giacomo Carlini e Bartolomeo Faleone (per i quali si veda l’incartamento conservato in AMB, 284, 35), sono stati rilevati gravi casi di cronaca: l’uccisione, nella chiesa della SS. Trinità, di tale Lancillotto Marzi, l’omicidio del parroco di Cureggio, Antonio Lanfranchini, le bestemmie e le offese verbali nei confronti di un sacerdote di origini vallone presente in zona, forse a seguito delle truppe spagnole e imperiali, a carico di soldati definiti “heretici”, la cattura di tre pericolosi banditi latitanti, l’assassinio a scopo di rapina di un mercante sulla strada da Borgomanero a Briga Novarese, l’efferato, notturno omicidio del notaio Vincenzo Contini, la rapina ai danni di un altro commerciante sulla via per Romagnano Sesia e, da ultimo, un ennesimo caso di omicidio a danno di un sacerdote, il canonico Bartolomeo Naso, per il quale era stato inquisito tale Cesare Morbio: cfr., per queste notizie, Zanetta, Ad banchum juris cit., rispp. pp. 44-45 e 62-65.
439 Don Rasario ricordava bene l’episodio nelle sue memorie: “in particulare in Fontanè...” rammentava, Quagliotti venne drammaticamente aggredito “...perché sturbò le feste et balli” con la sua serissima predicazione che stigmatizzava i comportamenti sconvenienti sia pur in tempo di carnevale. Qualcuno, certo poco propenso a seguirne le direttive “perché in pulpito riprendeva i vitii”, alla fine della predica l’aveva brutalmente “assalito alla strada”: AONo, cart. 4, Rasario, Frammenti cit.