Page 143 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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mortale” in quanto contraria “...paci, charitati, iustitiae et iuri superioris”. Interessante quest’ultimo riferimento ad una ‘giustizia superiore’, perché in sostanza essa sola, spiega Quagliotti, può legittimamente attuare una “iustitiam vindicativam”. Inoltre, proseguiva il nostro, la rissa era, almeno teologicamente, da considerare quale “multiplex peccatum” proprio perché intaccava contemporaneamente e a più livelli la pace, la carità, la giustizia.
Dopo la spiegazione cominciavano gli approfondimenti sotto forma, si diceva, di quaestiones disputatae, con dubbi e interrogativi posti e brillantemente risolti dal docente stesso. Era, ad esempio, peccato mortale la rissa tra fanciulli? No, essa rientrava tra i peccati veniali ma – nell’eventualità avvenisse “percussionem clerici” c’era il reale pericolo di incorrere in una rapida quanto severissima e temuta “excommunicationem” dei protagonisti440.
E se la rissa era causata dal nemico? Quagliotti aveva previsto una serie di interessantissime varianti che sono illuminanti per comprendere la cupa realtà di quei tempi violenti: poteva esserci infatti, tra i casi previsti, la rissa provocata dal subitaneo sopraggiungere di un non meglio precisato “invasorem”: allora l’episodio era declassato a peccato veniale per i protagonisti di entrambe le parti in causa. Ed era lecito “percuotere vel etiam occidere invasores”? Sì, era la risposta.
Ma allora, ci si poteva chiedere, quando non era lecito “repercuotere vel etiam interficere invasorem”? La risposta a questa prima “difficultas” è assai complessa già dall’esordio: tutto sarebbe stato da valutare con estrema attenzione: “Est difficultas primo de clericis, 2. de laicis clericorum...” e via via altri casi. Ai chierici infatti, ad esempio, “iure naturali”, era allora consentito “...se defendere tum contra laicos, tum contra alium clericum” e non solo: gli assalitori sarebbero inoltre incorsi, per tali fatti, nella scomunica.
Così come pure ai laici – nel secondo caso – era permesso difendersi contro un’aggressione da parte di chierici, che a loro volta sarebbero stati scomunicati in quanto “irregulares”. E i casi, in questa lectio sulla rissa, Francesco poté moltiplicarli e sviscerarli forse sulla scorta dei molti, troppi episodi vissuti e delle tristi esperienze che non si esita a definire pressoché quotidiane.
Chi veniva processato e condannato per questo genere di reato, solitamente non doveva sopportare pene detentive, allora non previste come precipuamente punitive e dissuasive, a fronte di sentenze ben più gravi e socialmente deterrenti quali
440 La rissa (rixa), nelle sue varianti penali, era prevista e ampiamente descritta anche negli Statuti cinquecenteschi di Novara, redatti una trentina di anni prima dei “casi” oggetto delle lezioni di Quagliotti. Tali Statuti erano allora in pieno vigore dentro e fuori della cerchia muraria, tra città e contado. Nell’articolata normativa cittadina, i legislatori avevano preso in attento esame questa fattispecie di reato allora tanto comune e ne avevano descritte le possibili modalità esecutive (più o meno persone, di che sesso ed età, se residenti, con quali motivazioni), atteggiamenti interiori ed esteriori (semplice esuberanza, impeto, ira, circostanze esterne e indipendenti dalla volontà degli attori, violenza gratuita e/o premeditata), armi e mezzi impiegati (parole, bastoni, sassi, armi bianche corte o lunghe, o le insidiose armi da fuoco), i potenziali esiti (offese verbali, contusioni, ferite superficiali o gravi, casi con danni purtroppo permanenti o addirittura decisamente mortali), pene. Queste ultime poi, sempre pecuniarie in prima istanza, erano da comminarsi pubblicamente e precisamente “...in palatio vel broreto communis Novariae” ovvero anche “in domo habitationis potestatis et in capite porticus communis Novariae, usque ad maius hostium Sancti Ambrosii et a puteo platee Goritiorum usque ad puteum fortengum” e dovevano essere soddisfatte entro quindici giorni dalla sentenza, sotto pena di un aggravamento della sanzione da semplicemente pecuniaria a “corporale”: Statuta civitatis Novariae, Novariae, in Aedibus Francisci Sesalli, MDLXXXIII, c. III. De maleficiis, pp. 130-131.