Page 137 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Il primo argomento trattato, con la semplicità e il giusto equilibrio tra stringatezza e puntualità esplicativa proprii del Quagliotti, è infatti quello sulla guerra. Il titolo, lapidario, è anch’esso sintetico e promettente a un tempo: De bello430. Un tema sinistramente in voga e attualissimo, allora come oggi. Non si dimentichi che le truppe sabaude, francesi, ispano-imperiali e gonzaghesche si sarebbero trovate in almeno due occasioni (tra 1613 e 1614 e un paio di anni dopo, tra il 1616 e il 1617) nelle immediate vicinanze del Collegio di S. Cristina.
È certo che le discussioni sulle mosse e le contromosse delle truppe e della cavalleria del re cattolico, del duca di Savoia o del cristianissimo re di Francia, e sulle possibili ripercussioni concrete sulla vita quotidiana, tra ruberie, vessazioni e imposizioni fiscali dovevano essere immancabili, e non importa se in un’aula del collegio, in canonica, in un vicolo di Borgomanero o davanti a un bicchiere di buon vino in una taverna.
Inutile dire che l’argomento era da secoli e per secoli sarebbe stato tra i più visitati nella trattatistica giuridico-cavalleresca laica ed ecclesiastica. Superfluo forse rammentare la fondamentale importanza oltre che dei non pochi riferimenti scritturali, specie di quelli veterotestamentari, di talune pagine del De civitate Dei e di alcune lettere di s. Agostino e di innumerevoli tra i massimi autori dell’alto e pieno medioevo. Sermoni, riflessioni, lettere, atti conciliari, norme emanate dai papi, raccolte canoniche (non ultima quella, ancora una volta, del grande giurista Graziano). Esisteva una mole impressionante di riflessioni e prescrizioni teologico- giuridiche sul concetto di guerra e, in particolare di guerra giusta, lecita, permessa431.
L’argomento viene affrontato analiticamente da Quagliotti, che nelle prime righe, introduttive e programmatiche ad un tempo, si propone di prendere in esame una serie di questioni. Anzitutto cosa sia la guerra: “...qaerimus primo quod sit”.
volta in italiano a Ginevra nel 1625) aveva osservato il fenomeno in un apposito capitolo dell’opera. Quello e gli altri capitoli, nell’edizione italiana vennero commentati da Sarpi e da Micanzio, che diedero così origine ad una sorta di opera parallela: nel VI capitolo, “Della conversazione degli Italiani”, che qui interessa, sia Sandys, sia i suoi entusiasti commentatori italiani, non mancarono di sottolineare il costume tutto italico e mediterraneo della conversazione anche disinvolta, rimarcando però e soprattutto aspramente criticando la superficialità e, spesso, la supina ignoranza nonché - secondo l’inglese e i due religiosi veneziani - il curioso disinteresse o, come pare di intendere, il prudente distacco di fondo degli Italiani specie in materia di religione: se ne veda ora l’edizione in F. Micanzio, La speranza dell’unione. Con lettere ireniche di Paolo Sarpi, a c. di E. De Mas, Tirrenia (Pi) 1990, pp. 112-114. Sull’opera del Sandys e sul commento dei due serviti si veda G. Cozzi, Sir Edwin Sandys e la “Relazione dello Stato della religione”, in “Rivista storica italiana”, LXXIX/4 (1967), pp. 1096-1121.
430 AONo, cart. 2. Oltre alle trascrizioni dello Zanoja, che sono certamente coeve o di poco successive agli anni borgomaneresi di Quagliotti e tra le quali, si diceva, non si può escludere che talune siano di mano del rettore medesimo, non bisogna dimenticare gli innumerevoli appunti autografi del nostro, note reperibili senza alcun ordine in una miriade di carte diverse: talvolta lungo i margini, o magari sul ‘verso’, oppure in calce a missive ricevute o a minute appena abbozzate.
431 A tale plurimillenaria riflessione di ambito ecclesiastico sulla guerra corrisponde una immensa bibliografia che tiene conto di coordinate spazio-temporali, oltre che argomentative, amplissime. Sull’annosa discussione, variamente orientata nei principali settori di ricerca – da quello puramente storico a quello giurisprudenziale e, infine, a quello teologico (cui spesso non è disgiunto quello filosofico) – rinvio qui al saggio di A. Annoni, Il dibattito sulla guerra (sec. XVI-XVIII), in Ead., Europa. Problemi e miti dell’età moderna, Napoli 1996, p. 201 ss. Segnalo inoltre due studi di notevole valore che, sia pure in linee molto generali, offrono comunque un quadro problematico del più che mai complesso tema: anzitutto lo studio di F. Prinz, Clero e guerra nell’alto medioevo, Torino 1994 (ed. orig., Stuttgart 1971) e quello, più recente e diversamente orientato ma con un’ampia disamina del problema in termini più generali, di J. Flori, La guerra santa. La formazione dell’Idea di crociata nell’Occidente cristiano, Bologna 2003 (ed. orig., Paris 2001).




























































































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