Page 135 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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imprescindibile e con un incremento di studi pressoché inesauribile. Erano pertanto necessari, oltre certo alla passione per la materia, tanto entusiasmo, una grande buona volontà, libri più che validi e il tempo necessario per studiarli.
Va forse sottolineato però, a questo punto, che non si trattava di un lavoro cui potersi dedicare a tempo pieno: Quagliotti era assorbito infatti da una moltitudine di impegni giornalieri che non poteva delegare ad altri; non c’erano inoltre i mezzi di oggi per informarsi su nuovi e sempre più mirati testi didattici, non si aveva infine la possibilità di reperirli né in tempi brevi né con la certezza che infine giungessero e, va detto, che giungessero nel numero e del tipo richiesto, nonché che arrivassero a destinazione in perfetto stato.
A suo tempo si tratterà più diffusamente della passione di Quagliotti per i libri, del suo vigoroso impulso per far sì che il Collegio fosse dotato di tutti gli strumenti culturali e formativi necessari per una impeccabile preparazione dei futuri sacerdoti diocesani.
Francesco poi, non era solo il rettore, il teologo e un docente del Collegio: era anche un buon amico, un vero ‘padre’, una persona dal gran cuore con la quale si poteva trattare affabilmente e con cui ci si poteva confidare. Anche i parenti dei chierici424, che in qualche caso umanamente e comprensibilmente si scoprivano ansiosi e, perché no, anche apprensivi al momento di affidare un loro giovanissimo congiunto alle cure di Quagliotti, in quel Seminario un po’ sperduto tra i colli del Borgomanerese, avevano ben presto modo di riconoscere in lui le migliori doti umane oltre a quelle pedagogiche. “Mio fratello, dicho il chlericho Mellio, è vero che ha bonissima volontà di conformarsi al volere di V.S. quanto di habitar, lo anno prossimo, in S.a Christina” volendo per questo “...far piacere a V.S. quale per sua gratia si è degnatto come gallina tenerlo sotto le sue ali [...] per mera sua cortesia” così che il giovane chierico avrebbe avuto gusto “...a conpiacergli in tutto”425.
Che dire poi dell’intero carteggio, si può dire, tra la famiglia di Guidotto Ozeno, da Soriso, padre di Giovanni Battista – chierico impegnato426 ma assai
424 Di quanto fosse importante il rapporto con i parenti dei suoi giovani allievi, Quagliotti era ben edotto. Sapeva che per molti di essi c’erano e ci sarebbero state delle remore nell’affidare l’educazione di figli, fratelli, nipoti allo sperduto Collegio di S. Cristina. Francesco sapeva però quanto fosse utile il periodo di studio sui colli borgomaneresi e di questo suo convincimento fa cenno, riferendosi a un ignoto suo allievo (da identificarsi forse nello Zanoja), in una sua lettera all’arciprete di Omegna: “O se sapessero i suoi parenti quanto bene io faccia a questo giovane in trattenerlo al sicuro, mi pagherebbero, per così dire, a moneta d’oro acciò, stando per qualche tempo in mia compagnia, si scordi del mondo et si stabilisca nel servitio di Dio” e anzi, si ripromette “...per l’avenire” di non voler accogliere più alcun giovane “...se del tutto non mi sarà concesso da’ parenti libera facoltà di governarli a mio modo, perché essi non sanno quanto convega fare per benefitio loro”: AONo, cart. 2, 3 giugno 1616. Ma si veda anche la bella lettera di Quagliotti al chierico Zanoja, inviatagli il 24 agosto 1616, in cui Francesco, rettore del Collegio, con grande umiltà e bonomia si sottoscrive quale “...vostro buon padre e servo”: AONo, cart. 2, 24 agosto 1616.
425 La lettera per la verità prosegue poi con un certo imbarazzo avvertendo il rettore che, sia pure con sincero rammarico, “...noi, che siamo di lui fratelli”, avendo sentito che le “longhe” strade per giungere a e ripartire da S. Cristina erano un “...grande sconcio” – e certo si riferivano al pessimo stato di mantenimento dei percorsi collinari, tra il fango nel periodo invernale, la polvere e l’aridità estive nonché i pericoli per i possibili cattivi incontri – in famiglia si era deciso di convincere il chierico studente a cambiare sede: “...moviamo et spengiamo nostro fratello a voler mutar pensiero. Vogliamo in somma che si retira in logho dove habiti con gusto” peraltro magari con il non improbabile consenso di “V.S. et altri Superiori”; i congiunti non facevano mistero di sperare in una futura collocazione cittadina del giovane chierico: “...il logho speriamo sia per essere nel Colleggio di Novara”: AONo, cart. 3, 24 novembre 1612.
426 Dalle lettere, il carattere del giovane chierico sembra assai devoto nonostante non pochi problemi di salute e un presunto maleficio (cfr. sopra, e lettera del 26 maggio 1614); era tuttavia di diverso parere l’evidentemente severissimo



























































































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