Page 120 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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delicata questione fanno un diplomatico cenno diverse lettere e non solo del Quagliotti.
Il teologo di S. Cristina scrisse infatti apprezzando implicitamente il gesto del defunto non tralasciando di constatare che “...quanto agl’imbrogli de quali dubitavo per l’heredità del S.r Gio.Batt.a”388 la situazione parve risolversi per il meglio in quanto gli astanti “...mi vano spianando i monti”389.
Anche padre Melzi scrivendogli lo informava dapprima, il 7 giugno390, di aver saputo del repentino, sereno trapasso del povero oratoriano: “...intesi fino da ieri” corretto poi in “...intesi fino da questa mattina il felice passaggio del nostro dilettissimo Sig.r Gio. Batt.a, che sia in Cielo”, e di sapere che gli ispirati esercizi spirituali da quest’ultimo fatti ad Arona con pio zelo – “...fino all’ultimo fiato” – poco prima di morire, gli sarebbero sicuramente stati di gran profitto per l’anima essendo certo una “...providenza singolarissima di N. S.re in andare disponendo quell’anima” che il buon Dio avrebbe infine tratto a Sé “...con quella soavità che ha fatto”.
Il Gesuita infine, il I di luglio ringraziava Francesco per aver da lui ricevuto un ritratto del Cattaneo e si diceva disponibile “...se havessi in mia mano da disporre qualche buona rendita” ad aiutare Quagliotti nel “...mantenimento di quel luogo”, il Collegio, “un’opera santissima e degna d’essere ajutata e promossa da chi lo può fare”.
Padre Melzi inoltre, con l’occasione invitava anche tramite Francesco “...il Sig.r Curato Gasparo Florio”, cui si sentiva “molto affetionato”, a fare presso la Casa di probazione aronese “alcuni giorni di ritiramento in santi essercitii spirituali”: un particolare interessante, perché il Gesuita – che in quella stessa lettera consigliava Francesco a convincere il Florio “con l’opera et col consiglio suo” ad aiutarlo economicamente nella gestione del Collegio – intendeva, se possibile durante il ‘ritiramento’ del Florio, trattare anch’egli con il curato di S. Cristina per volgerlo definitivamente a favore del Collegio e dunque di Francesco391.
Anche il canonico Dolci aveva scritto al Quagliotti riguardo all’ormai moribondo Cattaneo, e proprio il fatale 6 di giugno: nella sua lettera il rettore del Seminario si diceva sicuro del comportamento, in quei tristi frangenti, del teologo di S. Cristina: “...Fin qui ho tenuto l’infirmità del P. Cattaneo secreta; ma vedo che per
388 AONo, cart. 2, 26 giugno 1614, lettera di Quagliotti a padre Melzi.
389 Ivi. Si veda inoltre la minuziosa, puntuale analisi giuridica del testamento di Gio. Battista Cattaneo esposta senza mezzi termini al Quagliotti da Alessandro Mazzola, giurisperito novarese, dopo che il nostro, forse inizialmente fraintendendo i (fin troppo?) premurosi suggerimenti burocratici “...quando fu qui l’altro giorno” in merito alla “...heredità lasciata a cotesto Collegio”, inopinatamente e senza preavviso si era allontanato “...senza dir altro”. Mazzola, sorpreso, aveva subito scritto “...al S.r Castellano, brevemente” – cioè al notaio Girolamo Torelli, amico di Francesco – affinché il rettore di S. Cristina intendesse “...meglio ciò che ho scritto” nonché quanto “...ha da sapere” riguardo all’perede che per legge può “...pigliar il possesso dell’heredità, o sia de beni dell’heredità”. Mazzola spiega pertanto che proprio la legge allora vigente avrebbe consentito al Teologo di S. Cristina di entrare direttamente in legittimo possesso dei beni lasciati dal Cattaneo “...di propria autorità”, né vi sarebbe stata “...necessità andar perciò dal giudice” in quanto “...in questo caso fu giudicato aspediente che V.S. pigliasse il possesso della vigna di propria autorità senza ministerio di alcun giudice, et perciò scrissi che subito V.S. pigliasse il possesso della vigna et ne facesse far instromento”: AONo, cart. 3, 15 giugno 1614.
390 AONo, cart. 4, 7 giugno 1614.
391 AONo, cart. 4, I luglio 1614, in copia tarda.