Page 119 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Quagliotti cantò la messa de Requiem; li chierici del Collegio recitorono in coro il noturno de morti”381.
Nel frattempo però, tra marzo e luglio si erano verificati avvenimenti particolarmente significativi sia per il Collegio, allora in fase di radicale ristrutturazione, sia per il suo rettore. Un avvio d’estate molto, anzi, fin troppo movimentato e non privo, come sempre d’altronde, di ansie e di preoccupazioni che esulavano di molto non solo dalla tanto desiderata ascesi ma anche e più semplicemente dai più normali ritmi quotidiani del riservato teologo di S. Cristina382.
Francesco, in eccellenti rapporti con la curia novarese383 e specialmente con il vicario generale, monsignor Leonardi384, si dovette allora destreggiare tra cantieri aperti, liti con il Florio385, contatti con il vescovo, lezioni ai chierici, predicazione, con la rapida malattia e morte del sessantottenne don Giovanni Battista Cattaneo.
Quest’ultimo infatti venne a mancare il 6 giugno dopo che, grazie all’iniziativa di Francesco, in maggio si era recato ai santi esercizi presso la casa di probazione gesuitica di Arona386. Poco prima e poco dopo la sua dipartita si era reso necessario trattare del suo testamento, risultato decisamente a favore del Collegio387. Della
381 AONo, cart. 2, Libro delle messe.
382 Ad esempio, tra i molteplici impegni di Francesco vi fu anche quello di verificare un eventuale maleficio ai danni di un suo chierico, Giovanni Battista Ozeno, da Soriso, che si credeva affatturato: AONo, cart. 6, 26 maggio 1614.
383 Girolamo Torelli, devoto amico del nostro, affermava sicuro che Francesco, pur nella sua umiltà, “...si vedeva honorato nel mondo, et accarezzato da tutti et in particolare dalli suoi prelati, da molti de quali fu sempre in tanta stima et non gli negarono cosa che demandasse; anzi, che conferivano volontieri alli suoi chierici le cure et beneficij”. Non solo, ma “quelli”, cioè i prelati della curia novarese, in genere “preferivano” concedere parrocchie e benefici vacanti ai giovani di S. Cristina piuttosto che darli a curati e parroci che, purtroppo, spesso per questo “s’insuperbivano”: AONo, cart. 4, Torelli, Memoriale.
384 Sulla bontà dei suoi contatti con l’episcopio e della piena fiducia riposta in lui dal vicario episcopale si veda ad esempio una lettera di monsignor Leonardi a Francesco nella quale, a proposito di un tale Pietro giustamente quanto opportunamente sospeso dai ss. Sacramenti (“...come si deve”) per autonoma decisione del Quagliotti, e severamente giudicato dal vicario stesso quale “...huomo di poco buon trattare”, proprio quest’ultimo apprezzi l’operato del nostro: “...Hora, stando il parer del Teologo Quagliotti, al quale do non minor fede di quello possi dar in qualunque altra questione” avendo altresì caro che il nostro “...si fraponga per indurre costui alla buona via, vedendolo io puoco ben disposto”: cfr. AONo, cart. 3, 25 maggio 1614.
385 Dell’anno successivo ma riferita proprio alla tesa situazione creatasi con l’apertura dei cantieri per l’ampliamento del collegio S. Cristina è la caustica lettera del giugno 1615 inviata dal Bascapè al rettore di Borgomanero e riferita all’insostenibile tensione tra il Florio e il giovane teologo e rettore di S. Cristina: “...Pax Christi. Havendo noi dimandato conto apresso a Francesco Quagliotto della fabbrica che si pensa di far di novo a S.ta Christina, ci ha detto che il Florio coadiuttore l’impedisce di cavar creta nella piazza che è presso detta chiesa per far quadrelli, ci è parso molto strano tal impedimento, percioché quando bene egli fusse padrone di quel sito non doveva impedire quella buona opera, massime che non dà danno ad esso sito; et il Quagliotto lo faceva con licenza de Superiori; anzi, dovrebbe aiutarlo molto più che non fanno tanti altri; però direte da mia parte che non impedisca in alcun modo dil cavar detta creta o terra, et se tuttavia ricusasse, che non crediamo, fatteli un precetto, che non impedisca tale opera sotto pena della suspensione ab officio et beneficio ad arbitrio nostro, et sentendosi aggravato compaia davanti al Vicario generale fra termine convenuto; et voi anderete a far cavar detta terra da gl’huomini di S. Christina o altri operaj, nella quantità che sarà necessaria per detta fabrica; et facendo esso Florio qualche cosa in contrario ne prenderete informatione giuridica et la manderete al Vicario generale...”: ASDNo, Lettere episcopali, V, 1, 12/26, p. 162, n. 197, 25 giugno 1615.
386 AONo, cart. 4, 13 maggio 1614, lettera di padre Melzi a Quagliotti
387 AONo, cart. 3, estratto delle volontà testamentarie del Cattaneo. Un mese prima di morire il Cattaneo aveva recepito il consiglio di padre Melzi di modificare il suo testamento a vantaggio del Collegio cui avrebbe lasciato diciottomila lire (ai quali c’erano da sottrarre quattro scudi d’oro da consegnare alle giovani più povere, di buona vita e diligenti nella frequenza della scuola di dottrina presente a S. Cristina). Il testamento si risolse definitivamente a favore del Collegio nel corso del 1616, dopo che per due anni – come da clausole annesse – ne aveva goduto l’usufrutto una sorella del defunto.