Page 113 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Anche in Collegio, d’altra parte, non mancavano grattacapi: chi li procurava era ancora una volta, quasi certamente, il solito canonico Florio, vicerettore della Collegiata di Borgomanero con responsabilità parrocchiali – evidentemente, come vedremo, non del tutto ben definite – anche in S. Cristina, di cui era curato. In curia, a Novara, dovettero in breve giungere voci – non è dato sapere da dove, quando e grazie a chi – di questi ennesimi dissapori tra i due enti ecclesiastici di Borgomanero e il presule diede rapidamente istruzioni per avere un più chiaro quadro della situazione locale.
Sono infatti del novembre di quell’anno alcune gelide righe di monsignore Bascapè al pievano di Suno, che allora ricopriva l’incarico di vicario foraneo: monsignor illustrissimo chiedeva, con un tono che non ammetteva repliche, indagini immediate e approfondite che gli consentissero di prendere i provvedimenti più opportuni per giungere finalmente, quanto prima, a regolare i delicati equilibri tra le figure del rettore di S. Cristina e, rispettivamente, del curato di quella chiesa, il canonico Florio.
Le parole di un Bascapè assai seccato hanno qui un che di vibrante e minaccioso nei confronti non già del pievano di Suno, semplicemente incaricato dell’indagine, bensì del reale destinatario di quel messaggio che, sia pure rimasto anonimo, assomiglia molto al fastidioso canonico borgomanerese che già in altre occasioni aveva avuto spiacevoli attriti con Quagliotti: “...V’informerete dell’autorità che si prende quel che fa la cura di S. Christina sopra quella chiesa, et sagristia et casa, et ce ne darete ragguaglio minutamente perché non vogliamo che s’impacci più oltre che per la necessità della sua cura”356. Monsignore, già normalmente severo, stava proprio allora perdendo la pazienza ma non sarebbe servito: con il Florio avrebbe avuto purtroppo ancora e quanto mai aspramente a che fare, e purtroppo sempre per screzi con il Quagliotti.
E ancora: a distanza di qualche giorno dalla detta lettera di Bascapè, di cui forse non era a conoscenza, e poco più di due settimane dopo la sdegnata missiva indirizzata al priore della Concezione, il 26 novembre357 Francesco scriveva – a sua
Resseghino et Girolamo Iroldo, huomini molto spirituali et affettionati al hospitale di S. Giacomo, dove concorrono alla matina per fare l’oratione mentale, et doppo il pranzo alla dottrina. Che per ciò, havendo voi fatto quest’atto senza parteciparne al Priore generale giudico esser bene di nuovo rimettere al suo luogo li sudetti confratelli et con gl’altri che attendono a S. Giacomo fare solamente quanto da Superiori vi sarà ordinato. Spero nel Signore che in ciò mi darete gusto... Dio vi conserva in sua gratia!... V.ro come buon Padre in Christo...”.
356 ASDNo, V, 1, 12/25, n. 125, p. 112, 20 novembre 1613, lettera di monsignor Bascapè al pievano di Suno, vicario foraneo.
357 AONo, cart. 2, 26 novembre 1613, lettera di Quagliotti al cugino Giovanni Gambaro; Francesco risponde all’“Aff.mo Cugino” dando inizialmente alcune istruzioni secondo le quali “...Sebene il s.r Bertollini vi dirà a bocca quanto sia ispediente in questo negotio, ad ogni modo con l’occasione del messo replico quello che con esso determinai; et fu che voi non vi partiate da Gajà sin tanto che non venga un chierico de nostri a fare costì la scola et aiuttare l’opera incominciata a S. Giacomo. Che per ciò alli prossimi tempori si farà subdiacono et di longo verrà a Gajà in nostro luogo. Fra tanto attendeti a farvi pagare da debitori et ditegli come per dipartirvi aspettate un altro acciò li padri non pigliassero altro partito per li suoi figliuoli” precisando poi, piccato, che “...Quanto alla camera et altre particularità della vostra lettera dirò che farete una delle due: overo del tutto sarete sogetto...” sottolinea proseguendo con tono assai severo “...alle Regole del Collegio, overo vi basterà sentir le lettioni; del resto poi, et vivere in casa del sig. Gio. Batt.a., se elegereti il primo non ardisco dispensarvi in cose di rilievo per non introdurre in questo luogo la singularità”; questo – tiene a sottolineare il teologo di S. Cristina - per non creare un precedente, un favoritismo che, in una istituzione del genere sarebbe stato sicuramente deleterio e all’“...origine d’ogni male” oltre che, cosa ancora peggiore secondo l’irritatissimo rettore “...darci da dire agl’altri che, non essendo manco duoi, et pur obediscono et si