Page 112 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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D’altra parte l’alto prelato, da profondo conoscitore di uomini e da buon gentiluomo qual era, raccomandandosi “come fratello” alle orazioni del suo interlocutore concludeva “questo poco” che gli era parso di scrivere con una rassicurazione che la dice lunga sulla profonda “stima” che nutriva per Quagliotti, semplice prete e teologo di una lontana diocesi di confine: “Io sono certo che non ha bisogno di miei consigli”. Insomma, Francesco sarebbe rimasto obbediente al suo vescovo e non avrebbe lasciato né il suo abito di sacerdote, né il suo incarico di rettore del Collegio di S. Crsitina; e se tali erano i suggerimenti ribaditi e posti nero su bianco dal cardinale nel 1617, quando cioè Quagliotti era da anni al servizio della Chiesa gaudenziana, è lecito immaginare che già in quello scorcio del 1613 le raccomandazioni di s. Roberto Bellarmino avessero avuto il loro effetto e avessero convinto Francesco a fare rapidamente ritorno alla sua diocesi e ai suoi chierici- studenti.
“...nel parlar discreto et molto circonspetto”
Non sono certi, come si è già detto, i limiti cronologici del suo viaggio a Roma. Tutti i suoi biografi tuttavia, a cominciare dal Bartoli353, danno per certo che Francesco sia tornato a S. Cristina verso gli inizi di novembre del 1613. Ed effettivamente dovette rientrare al Collegio entro la prima settimana del mese perché, oltre a due brevi lettere del teologo di Gozzano, don Giovanni Giacomo Ferrari – la prima forse del 3, la seconda certamente del 9354 - è proprio una lettera del nostro, da subito al lavoro, al priore della Compagnia “della Concettione” di Galliate e datata 10 novembre che, così come garantisce la sua presenza a S. Cristina, garantisce anche, per così dire, il ritorno di Francesco ai soliti e pressoché quotidiani, fastidiosi “disgusti”.
La fredda lettera in questione infatti, indirizzata nel suo distinto ruolo di devoto “...buon Padre in Xto affetionatissimo” contiene lamentele, sobrie sì ma non proprio del tutto tra le righe, a seguito dell’inopinata cancellazione, dal ruolino della galliatese Compagnia della Concezione, di due amici del nostro, Giovanni Maria Resseghino e di Girolamo Iroldi, da lui reputati “...huomini molto spirituali et affettionati al hospitale di S. Giacomo” – nuova sede della “Bellarmina”355.
353 Nulla invece, al riguardo, anche nelle più antiche Vite del nostro, ante 1741 in quanto redatte tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo: nel breve lavoro di Camagno non si scende nei dettagli (ha una prefazione/introduzione di L.A. Cotta e le principali fonti usate dal Camagno sono quelle memorialistiche compilate dal notaio Girolamo Torelli e da don Gaspare Vandoni). Pare opportuno e interessante rilevare come il Camagno – il cui scritto è del 1709 - affermi che le devozioni adottate e insegnate da Francesco “...si vanno mantenendo con gran frutto del popolo e del clero”(p. 45). Della biografia stesa dal Cotta nulla possiamo dire perché non ci è pervenuta neppure in copia tarda.
354 AONo, cart. 3, rispp. del (3) e del 9 novembre 1613. Nella prima, di data non certissima, un don Ferrari assai cortese si rivolge a Francesco, inviando la missiva “in S. Cristina” e affermando affabilmente che “...lei è padrone della casa et persona mia”; nella seconda, indirizzata con urgenza al rettore del Collegio “a S. Cristina subito subito” esordisce immediatamente, in apertura, con quella che pare una vera e propria esclamazione: “...Ben tornata V.S., del che mi rallegro assai”.
355 AONo, cart. 2., 10 novembre 1613, lettera di Quagliotti al priore “della Concettione”. In questo caso il tono della missiva, indirizzata all’“Ill.mo come fratello nel Signore. Il Priore della Concettione di Gajà” è spiacente, freddamente vigoroso e assai severo: “Ho inteso con gran mio disgusto come havete scancellato dalla vostra Compagnia Gio. Maria