Page 110 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Messosi dunque, secondo il Bartoli, “...in arnese da pellegrino” il rettore di S. Cristina – probabilmente in un giorno imprecisato dell’autunno 1613 – si mise in viaggio alternando meditazioni a “sacri colloquj” e comunque, se possibile, sempre “assorto in Dio”346. Il viaggio, non breve e che avrebbe costretto i tre pellegrini ad attraversare diversi stati di quell’Italia divisa, previde anche una pia sosta a Loreto. Non solo del viaggio ma anche della permanenza a Roma non si riscontrano che rare tracce documentarie347; sappiamo tuttavia che oltre a visitare chiese e monasteri domandò e ottenne indulgenze e reliquie per le chiese, le compagnie e scuole di dottrina cristiana galliatesi348 ed ebbe non pochi incontri. Oltre, pare, ai Padri dell’Oratorio, con cui sembra abbia trattato349 della possibilità di ampliare in diocesi di Novara il culto del loro fondatore, s. Filippo Neri, e quello di s. Carlo350 ebbe, ed è ciò che qui preme rammentare, importanti colloqui con due tra i personaggi più in vista della corte di Roma e della Cristianità: il cardinale Roberto Bellarmino e il padre Claudio Acquaviva, Superiore generale dei Gesuiti.
Va detto con chiarezza: di questi incontri non sappiamo nulla. E’ però possibile e ragionevole supporre di cosa si fosse parlato, specie alla luce dei dubbi e delle ansie di Francesco sul proprio futuro in religione e valutando altresì con attenzione quelli che paiono veri e propri indizi non solo in taluni passaggi, scritti o sottintesi, nelle lettere di padre Melzi ma anche nei ventilati sospetti di monsignor Bascapè. Sospetti e inquietudini di chi, come suggerisce il Bartoli, pare abbia dubitato delle reali intenzioni, dei veri progetti di Quagliotti, quei “...disegni molto diversi da quelli che si pensano alcuni” cui accennava mesi prima, a febbraio, Quagliotti stesso al vicario generale di Novara, monsignor Leonardi. Francesco non era affatto certo di voler rimanere a S. Cristina quale rettore del Collegio per chierici casisti ed è più che mai probabile che nei riservati colloqui romani si sia trattato proprio di una possibile svolta nella sua vita e nella sua carriera.
Del resto, un indizio se non una prova del suo desiderio di mutare abito e destino per giungere ad una maggior ascesi, ad un distacco netto dai “disgusti” e dunque ad una più completa ed appagante dimensione spirituale, l’abbiamo – e se ne
346 Bartoli, Vita e virtù cit. p. 76 ss.
347 Anche in questo caso le date, del tutto ignote nella documentazione rimastaci, non paiono affatto sicure: Bartoli non ne menziona affatto la cronologia. E ancora: se per Giovando ad esempio si tratta di un periodo genericamente compreso “tra settembre e dicembre” di quell’anno (Giovando, Il Servo di Dio Francesco Quagliotti cit., p. 133, per Lilla, Come scintille cit., p. 189 la partenza sarebbe avvenuta “...da Galliate verso la metà di settembre” mentre per il ritorno l’Autore è addirittura in grado di indicare con precisione il ritorno dei tre pellegrini al Collegio di S. Cristina che colloca senza incertezze l’11 di novembre 1613 (p. 193). Peccato, a fronte di tale precisione, non sapere a quali documenti si riferisca il narratore: certamente non a lettere, non a memoriali e neppure ai libri delle messe, che in nessun caso posso offrire notizie di quel viaggio in quanto mancanti delle annotazioni proprio per il periodo maggio 1613-luglio 1614 (la prima annotazione per luglio recita infatti “...Adì 31 luglio celebrò il s.r Ferrari Teologo di Gozzano de Requiem; adì sudetto P. Francesco Quagliotti cantò la messa de Requiem. Li chierici del Collegio recitorono in coro il noturno de morti”. Per proseguire poi con “Adì 2 agosto...”: AONo, cart. 2).
348 AONo, cart. 6: 20 ottobre 1613, lettera del chierico G.B. Gibellino da Roma; 5 novembre, lettera di Iacobo Magistrini da Roma; 19 novembre, lettera di G.F. Martio S.J. da Roma, 15 dicembre, lettera di G.F. Pintio; 27 dicembre e del 12 luglio 1614, lettere di don Francesco Salario da Roma (quest’ultima in cui si dice che intese della morte di G.B. Cattaneo, già suo “compagno” dell’Oratorio in Roma.
349 La cautela è qui d’obbligo in quanto, al di là delle congetture ed illazioni dei vari biografi, non si è ad oggi reperito alcun documento d’archivio che attesti tale attività di promozione.
350 Bartoli, Vita e virtù cit. pp. 77-78.



























































































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