Page 102 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Da un punto di vista puramente teologico, talune delle più sentite e belle pagine del Quagliotti sono, come si è precedentemente osservato, imbevute di un senso particolare di pessimismo assoluto, di malinconica, amara constatazione riguardo alla miseria della condizione umana.
Tra il secondo punto, quello dell’amor vergine, e il quinto, quello fondamentale non solo per Francesco ma per l’umanità intera, quello cioè dell’amor trasformativo, tornano elementi quali, rispettivamente, l’annichilamento e l’annientamento interiori, decisivi per poter raggiungere l’Amato, il Diletto e fondersi, anzi, immedesimarsi come anticipa qui il Quagliotti e come vedremo meglio più oltre, con Lui, con Gesù Ostia. E non solo: il grande passo diventava possibile, allora, riconoscendo – nella riflessione sul terzo punto, quello sull’amor zelante, che... ‘Il Signore mio Dio non ha bisogno dei miei beni’ ovvero non ha bisogno di me, dell’uomo, dell’umanità: “...questi sono i beni ch’io Gli posso dare se ben Egli non ne abbisogni”.
Un Dio misterioso321 e severo dunque, misericordioso sì ma lontano, appassionato ma distante, distaccato dalle sue creature, che nella sua divinità infinita ed eterna basta a Se stesso322? Un dibattuto, arduo problema quello della presunta indifferenza, dell’impassibilità, del silenzio, dell’apatia di Dio323. Sull’argomento, il più antico trattatista sappiamo essere stato Origene nella sua Homilia VI in Ezechielem324, seguito da Gregorio il Taumaturgo, vescovo di Neocesarea nel Ponto – zona nord-orientale dell’Asia minore, nell’attuale Turchia, sulle rive del mar Nero – con il suo De Passibili et impassibili Deo, indirizzato all’amico Teopompo325.
Il Creatore, increato e creante non ha, o meglio, non avrebbe – in questa drammatica, sconsolata visione senza sbocchi – bisogno delle ‘sue’ creature, mentre le creature devono tutto al ‘loro’ Creatore: ...Deus meus es Tu, quoniam bonorum meorum non eges. Una rilettura attuale del pensiero teologico di Quagliotti alla luce
321 Isaia, 45, 15: cfr. La sacra Bibbia cit., p. 748.
322 Di “aseità”, dunque di un Dio che basta a Se stesso tratta uno stimolante saggio del teologo contemporaneo Bruno Forte, Trinità come storia. Saggi sul Dio cristiano, Cinisello Balsamo 1985, p. 146. Si vedano inoltre le dense pagine di Antonio Staglianò, teologo consulente della C.E.I., dove si dice appunto che sono errate le tendenze di un antropomorfismo esasperato di Dio, così come è sbagliato l’altresì superato concetto di un “...Dio in Sé, impassibile ed eterno”: cfr. A. Staglianò, Teologia trinitaria, in La Teologia del XX secolo. Un bilancio, a c. di G. Canobbio, P. Coda, Roma 2003, p. 115.
323 Sulla parallela dottrina dell’“apatia” di Dio, nell’ampia bibliografia si vedano almeno i lavori di A.J. Heschel, Il messaggio dei profeti, Roma 1981 (ed. orig. New York 1962) e quello, assai più recente, di J. Moltmann, Nella storia del Dio trinitario. Contributi per una teologia trinitaria, Brescia 1993. Entrambi tedeschi, il primo, (1907-1972) ebreo e studioso di profetismo biblico, aperto e pronto a ricevere il profondo messaggio della spiritualità cristiana cattolica e teorico del cosiddetto ‘pathos’ o sofferenza di Dio, il secondo (1926-), teologo vicino e in certo senso ispirato da modelli quali Karl Barth e Dietrich Bonhoeffer sono fautori di una ‘teologia della speranza’ in cui giustamente si sottolinea il superamento di siffatta tragica ipotesi.
324 Dell’omelia di Origene (ca. 185-253 d.C.), rammentata da Forte, Trinità come storia cit., p. 165, si veda l’edizione in J.P. Migne, Patrologiae cursus completus, Series Graeca, vol. 13, col. 175. Sulla filosofia e la spiritualità origeniana si veda almeno Origene. Maestro di vita spirituale, a c. di L.F. Pizzolato, M. Rizzi, “Studia patristica mediolanensia, II” Milano 2001.
325 La specifica composizione di Gregorio il Taumaturgo (vissuto forse tra il 213 e il 270-75 amico e discepolo di Origene), in verità assai poco nota e di dubbia autenticità, è reperibile – in traduzione dal siriaco - in J.B. Pitra, Analecta sacra, IV, Paris 1883, pp. 103-120, 363-376. Si vedano, sulla dottrina particolare dell’antico vescovo pontico, il vecchio ma ancora validissimo saggio di J.K. Mozley, The impassibility of God. A survey of christian thought, Cambridge 1926 e il ben più attuale contributo di M. Simonetti, Una nuova ipotesi su Gregorio il Taumaturgo, in “Rivista di storia e letteratura religiosa”, 24 (1981), pp. 17-41.