Page 101 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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di Voi, Amor patiente, Amor confitto, Amor penoso, perché sicome a Voi le pene riuscirono saporite perché l’amor verso di me l’inzucherava, così per renderVi amor per amore, pena per pena voglio che i gusti mi sembrin pene et le pene gusti per conformarmi a voi: nolo vivere sine vulnere, cum te videam vulneratum319.
5°. Finalmente l’Amore trasformativo. L’amore di sua natura è unitivo, di due voluntà amanti in una sola in virtù di che si vogliono da un amante le stesse cose che vuol l’amato; ma quest’unione al mio amore non basta, perché non sol vuol unione ma ‘immedesimatione’ con Dio, per via non di sostanza, che è chimera et superba, ma per via d’affetto e di voleri: il che si chiama trasformatione, perché l’anima lasciando la propria forma e figura d’Adamo, si perde dentro Dio, né compar più quella e, se acquista, non acquista cosa diversa da Dio. Ciò si fonda nel perfetto spoglio e annientamento interiore già detto e conosciuto negli essercitij spirituali et diverso dall’amor unitivo, perché l’amor unitivo unisce due voluntà: la mia a quella di Dio, ma le lascia ancor due se ben non discordanti e conformi in tutto, perché la mia vuole quello che vuole Dio; questo è amor nobile ma non è il più perfetto. Il mio amore trasformativo non unisce la mia voluntà a quella di Dio ma la fa una cosa sola, siché restando così trasformata vien a distruggersi et io resto senza voluntà, mentre non io che voglio quello che vuol Dio, ma non havendo io più jus, né potenza a volere, Dio vuole in me quel che vuole; questa distruttione o annientamento spirituale di voluntà non toglie però la libertà d’operare anzi la perfettione, perché questa trasformatione non è reale ma affettiva, restando in piedi la libertà dell’arbitrio che in quanto a sé può scostarsi da Dio sin che si vive, e sicome si può distrugger l’unione dell’amore quando restano due voluntà, così la libertà può ripigliarsi la propria che haveva perduta in Dio. Se ben, quando la trasformatione è perfetta è ancor durabile e permanente, perché a questa non si viene se non doppo che l’huomo è morto al mondo et a se stesso, che in tal caso Dio lo vivifica et in certo modo l’informa; ma l’huomo non è perfettamente morto a se stesso se non arriva, doppo haver uccise l’altra turba delle passioni ect., a sacrificar ancora la voluntà et a restarne senza, nel qual caso sottentra quella di Dio a far gli ufficij et così siegue che chi fa morir a tutto il creato la voluntà per amor di voler Dio puro et unico, viene per la forza d’amore a trasformarsi con Dio et a poter dir con l’Apostolo: Vivo ego jam non ego vivit vero in me Christus320. Questo è il discorso dell’amore trasformativo e questo è quel mio amore più caro, per cui l’istesso amore non è più mio perché nasce su quel di Dio, e pur è mio più che mai, perché Dio stesso con ogni suo medesimo amore è tutto mio. Anzi, non c’è più né mio né suo perché non c’è divisione e siam tutti due una sola voluntà, un sol cuore, un sol amore.”
possesso del Quagliotti o di colleghi, arieggia nel titolo la citazione del teologo galliatese: Sponsus sanguinum ofte den bloedighen Bruydegom onser Zielen, Antwerpen 1623.
319 “...nolo, Domine, nec possum vivere sine vulnere, cum te undique videam vulneratum”: sembra possibile si tratti di una citazione attribuita a s. Bonaventura e in particolare al suo scritto dal titolo Stimulus divini amoris, I, lib. 2, apparso in Sancti Bonaventurae Opusculorum theologicorum, tomus primus-secundus, Venetiis, apud Haeredes Hyeronimi Scoti 1611, a sua volta rielaborato da uno scritto di un oscuro frate lombardo, Iacobus Mediolanesis, OFM, attivo appunto a Milano sul finire del XIII secolo.
320 S. Paolo, Lettera ai Galati, 2, 20: La sacra Bibbia cit., p. 1159.






























































































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