Page 88 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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approssimazione al suo periodo aronese302. Un tempo, va forse ricordato e sottolineato, che coincise con il mutato e affinato sentire spirituale del prete galliatese, allora in affannosa ricerca di un’ascesi più netta e decisa rispetto al suo impegno a S. Cristina. A riprova di siffatto clima le sue considerazioni su auspicabili, rigorose Riforme di sé. Vediamo quali tenendo sempre presente la forza dirompente di alcune parole, che anticipiamo qui, del settimo punto: “...Quanto più mi ritirerò dentro di me, tanto più facilmente troverò Dio, che vado cercando con tanta pena...”.
Anzitutto “Circa le cose spirituali, l’apparecchio della festa non puotendo esser immediato, farlo con più attuatione prima del Matutino e, nel recitar i Salmi, rinovar spesso gli affetti et desiderij”. Poi, di seguito, gli altri punti da rivedere e migliorare sono “...2) legger la meditatione alla sera o determinar i punti; 3) l’esame al fine delle attioni si trascura, come l’unirle a Giesù, come l’indirizzarle al puro fine del semplice gusto di Dio, come si son fatte le lor circostanze, non utrumque ma nel modo più perfetto, tanto nell’interno, quanto nell’esterno; 4) l’elegger sempre il peggio et più difficile anche in cose picciole assuefacendo in ciò la natura; 5) le adorationi, atti di lode, di ringraziamento, di giubilo, d’amore nell’uffitio, visita et fine delle attioni; 6) desiderij di strapazzi, di patimenti, di unione con Giesù, di veder Giesù più spesso. Totale rassegna<tione> et subordinatione di voluntà nelle mani di Dio ma non per forza, non per usanza, ma di elettione e con grande cordialità, confidenza viva e sicura speranza, come del figlio che sta in braccio alla madre; 7) più gravità con gl’inferiori, non però eccessiva ma piacevole; meno parole ne’ discorsi; e per me sarebbe quasi meglio dar un po’ nel secco per troncarne molte superflue. Niun detto mai, né motto o atto di burla o leggierezza et hujusmodi quae ad rem non pertinent, perché ogni poca cosa stacca il cuore dal Diletto. Quanto più mi ritirerò dentro di me, tanto più facilmente troverò Dio, che vado cercando con tanta pena; 8) il voto di non far peccati veniali ha da servire non solo per non cadere a sangue freddo et elective, che par sproposito, ma in non far cosa con avvertenza che possi nulla intiepidir l’amor di Dio o darGli occasione leggierissima non di disgusto, no, ma di un non so che che non Gli piaccia: non mi so spiegare ma mi intendo; 9) il voto di fare il più perfetto ect., è bene offrirGlielo anche più spesso ogni giorno con desiderio di farlo perpetuo e non solo in cose grandi ma in picciole, operando in tutte le attioni il più perfetto, come se vi fosse il voto; così in mangiare, studiare, dormire ect., molto più in orare, confessare, predicare ect.”.
La riflessione di Quagliotti prosegue con veemenza e profondità, con quello che pare un anticipo di tematiche riprese, a suo tempo, nella sua più celebre e appassionata “Immedesimatione con Giesù”: “...Nel visitare il Santissimo e <nel> ringratiamento della messa mi è venuto questo sentimento: che, desiderando io tanto di unirmi a Giesù sacramentato, sarò causa di tormentarLo, come il tiranno Mezentio faceva, i rei congiongendoli vivi a un corpo morto e fracido. Ohimé, che orrore havrà Giesù in unirsi al mio cuore! Pure mi son fatto animo sapendo che la sua gran charità non rifiuta di far ciò che <fece> il suo servo, profeta Eliseo, che si stese sul cadavero del figliuolo della vedova per risuscitarlo. Dunque risuscitatemi o
302 AONo, cart. 3 ora e per le citazioni che seguono nel testo e fino a nuova precisazione,