Page 64 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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segno che sia il vero, il nostro S.r preposito processa contro al sudetto S.r Marino, cosa che dispiace molto a li huomini de Intra per esere stato la prima causa il Pirola”212.
Il risultato, nell’immediatezza dei fatti, fu assai negativo per il giovane chierico studente: Quagliotti, avutane notizia, provvide a sospenderlo dal Collegio e ad aspramente rimproverarne il comportamento, indegno di un futuro sacerdote e di un uomo dabbene. Il tempo però, come quasi sempre, aiutò a mitigare i toni della polemica e a parzialmente riabilitare l’inquieto candidato agli ordini sacri: grazie alle insistenti raccomandazioni di un parente sacerdote, si provvide a far sì che venisse riaccolto a S. Cristina: ma nulla si seppe più sul suo conto213.
In un altro caso, documentato da più lettere memoriali, è possibile ricostruire, almeno in parte, la vicenda del nipote dell’arciprete di Oleggio, don Gio. Pietro Boniperti, figlio cioè di un suo fratello. Il sacerdote valendosi della “gran confidenza” con Francesco, cui si rivolgeva con ridondante, barocca, melliflua cortesia indirizzando due lunghissime missive214 al “Molto Magnifico et Molto Reverendo Monsignor Theologo” Quagliotti, ricorreva alla “buona gratia sua... supplicandola” di favorirlo e di accogliere nuovamente in Collegio il disorientato nipote che, pochi mesi prima e nonostante il suo innegabile “bon ingegno” aveva ceduto purtroppo “a male pratiche” e si era infine “vestito da soldato, indotto però da losinghe... et promesse d’altri”. Si era tuttavia ben presto “riveduto pur una volta del errore et... si è risoluto di ripiliar l’habito et con mille promesse diportarsi in modo che ci sarà d’altretanta consolatione quanto è stato il disgusto”. L’arciprete, sia pure dopo qualche incertezza chiedeva insomma a Francesco “...di haver patienza per amor di Dio e cercar di reacquistarlo” assicurando che ne avrebbe parlato anche al canonico Dolci, rettore del Seminario novarese215.
Ma torniamo a quell’estate del 1610. Va infatti sottolineato che proprio quei giorni non furono privi, per Francesco, di grattacapi. Si è già detto – e si avrà modo di riparlarne – dei suoi problemi con la Collegiata di Borgomanero: ebbene, se mai vi fu un momento di grave risentimento di Quagliotti per le continue difficoltà contro cui dovette lottare in quei primi, durissimi mesi a S. Cristina, tra liti, solitudine, digiuni forzati oltreché per scelta, fu in quel caldo mese di luglio216.
212 AONo, cart. 3.
213 Un altro caso si intuisce dalla lettura di una una lettera che il vicario generale Niccolò Leonardi inviò a Quagliotti poco meno di due anni prima, all’inizio del 1613. Dal documento coservatoci sappiamo dunque che non si sarebbe proibito al rettore di S. Cristina di accettare “ancora” tale chierico ma che anzi, in curia si sperava che il suo ritorno in Collegio potesse aiutarlo ad emendare “...li suoi puocho buoni costumi”, a causa dei quali non fu ordinato, specie poi per colpa di “...un eccesso” commesso tempo prima “...che molto spiacque a Monsignore”. Per concludere insomma, e per “...saldare tal piaga” il giovane, turbolento chierico avrebbe dovuto pazientare ancora per molto tempo al fine di “...acertar li Superiori dell’emendata vita”: non è dato purtroppo di sapere come si sia concluso questo ennesimo caso di mal repressa effervescenza giovanile; è certo che il vicario si raccomandava: cfr. AONo, cart. 3, 3 gennaio 1613.
214 AONo, cart. 3, risp. 20 aprile e 20 maggio 1615.
215 Ivi, 20 maggio 1615.
216 AONo, cart. 3, 21 luglio 1610: del suo stato di evidente, altalenante depressione e di profondo sconforto erano a conoscenza anche a Novara, in curia: ce ne dà notizia monsignor Dolci, rettore del Seminario di Novara, che in una sua lettera breve a Francesco cercò di rincuorarlo spronandolo se possibile a “...procurare di alienarlo da certi suoi pensieri malenconici”.


























































































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