Page 50 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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se non un impossibile, definitivo ritorno, almeno l’occasionale visita, proprio per riscaldare gli animi e riproporre i primitivi, elevati obiettivi.
D’altra parte, nel febbraio del 1616 è ancora Francesco Muttino, ora rinfrancato, ad avvisare un Quagliotti evidentemente ancora preoccupato sulle sorti della sua ‘creatura’ che nel complesso, nonostante tutto e tutti, si era tornati ad un buon livello di partecipazione emotiva e spirituale, assicurando il rettore di S. Cristina che alla scuola di Galliate tutto ormai procedeva secondo le più rosee aspettative ed anzi, affermava soddisfatto il Muttino, si andava “...di bene in meglio”171.
Tuttavia, proprio per il suo passato milanese e memore delle esperienze e delle scelte pastorali osservate e vissute nella vicina arcidiocesi, Quagliotti sapeva di potere, anzi di dover fare di più. Sapeva infatti che non era sufficiente preparare giovani e meno giovani alla scuola della dottrina cristiana: il passo successivo gli era ben chiaro e, come vedremo, sarebbe riuscito a realizzare in gran parte i suoi progetti.
La missione che si era prefissa era in sostanza, per il suo carattere e grazie soprattutto a quanto aveva appreso nel periodo della sua formazione, a pochi decenni dalla fine del concilio di Trento, indirizzata a un doppio ambito pastorale: quello apostolico in stretta connessione a quello pedagogico. Non sappiamo precisamente quanto abbiano influito le idee e gli esempi dei più zelanti promotori e divulgatori della spiritualità e della teologia della riforma cattolica, ma è certo ragionevole immaginare che gloriosi modelli cui almeno in parte ispirarsi non dovettero certo mancare.
Si pensi infatti a figure della levatura, ad esempio, di Filippo Neri, morto nel maggio del 1595 – quando Francesco aveva dodici anni ed era già seminarista – e beatificato nel maggio 1615, o magari di Ignazio di Loyola oppure di Claudio Acquaviva172, quinto superiore generale dei Gesuiti che Quagliotti ebbe modo di incontrare nel 1613173 con un’altra icona della Chiesa del periodo, il cardinale Roberto Bellarmino174, durante il suo pellegrinaggio a Roma.
171 AONo, cart. 1. Del priore Francesco Muttino si vedano, in particolare, le missive del 7 e del 27 dicembre 1613, del 1614, del 12 luglio 1614, del 26 luglio 1615 e del 16 febbraio 1616.
172 Era nato da Giovanni Antonio, duca d’Atri, nell’omonima località abruzzese nel 1543 ed entrò nel noviziato dei Gesuiti da giovanissimo per diventare sacerdote nel 1567; ricoprì varie cariche di responsabilità in seno all’Ordine, fino a diventarne Superiore generale il 19 febbraio del 1581. Sulla sua figura e sulla Compagnia durante il suo generalato cfr. J. De Guibert, Le généralat de Claudio Acquavuva (1581-1615): sa place dans l’histoire de la Compagnie de Jesus, in “Archivum historicum Societatis Jesu” X (1941), p. 59 ss. e almeno A. Guerra, Un generale fra le milizie del papa. La vita di Claudio Acquaviva scritta da Francesco Sacchini della Compagnia di Gesù, Milano 2001, con la recentissima antologia I Gesuiti ai tempi di Claudio Acquaviva. Strategie politiche, religiose e culturali tra Cinque e Seicento, Brescia 2007. Riguardo a quest’ultimo tema, quello cioè delle ‘strategie culturali’ della Compagnia, si veda anche l’interessante edizione della metodologia pedagogica dei padri in Ratio atque institutio studiorum Societatis Iesu. Ordinamento degli studi della Compagnia di Gesù, a c. di A. Bianchi, Milano 2002.
173 AONo, cart. 4, 31 dicembre 1613: l’avvenuto incontro tra Quagliotti e Acquaviva (e tra Quagliotti e Bellarmino?) si evince da questa interessante e assai significativa lettera (su cui si dovrà tornare) di padre Ferrante Melzi al nostro, nella quale il gesuita gli esprime la sua soddisfazione perché “...Adesso che ha ricevuto dal nostro Padre Generale tante gratie, come mi vien scritto da Roma dal P. Francesco Martio, non lo tengo più per amico ma per vero fratello et come uno della Compagnia. Di gratia, si lasci vedere. Non mancarò poi, con tutta questa Casa, d’applicar quelle orationi che lei desidera per il felice successo di quel negotio”. E’ senza alcuna prova e tutta da verificare invece l’entusiastica quanto ardita affermazione secondo la quale l’Acquaviva in seguito a tale incontro con il nostro “...lo ascrisse nella Compagnia”: cfr. Bartoli, Vita e virtù cit., pp. 77. In ogni modo, che da ormai quasi un anno padre Melzi guardasse con stupita ammirazione e soddisfazione al Quagliotti come ad un possibile, potenziale ‘confratello’ lo si evince con