Page 191 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
P. 191
secolari” ebbe l’inaspettata sorpresa di essere ripreso a sua volta e, si diceva, forse insultato e addirittura minacciato da una o più persone.
“Io...” continua l’apparentemente ancora agitato don Vandoni nella sua narrazione di fatti che in ogni caso erano avvenuti quattro o cinque anni prima della sua deposizione, e con una tensione che riaffiorava ancora proprio in quanto era stato presente all’increscioso avvenimento, “...gli feci animo che non si smarrisse di fare tal officio”; e a tal punto gli riuscì di rincuorare il disorientato rettore che “...così andò seguitando con gran frutto” per qualche giorno o settimana, e in ogni caso almeno “sino alla venuta del novello Pastore Mons.re Ill.mo sig.r Cardinale Taverna”552.
Monsignore Illustrissimo non mancò – di lì a pochi giorni, forse proprio il 30 giugno, quando ritroviamo il nostro in città553 - di accogliere con benignità e cortesia il teologo e rettore554. Della bontà e positività dell’incontro abbiamo un’eco significativa nelle missive immediatamente successive a tale data. Ad esempio nella missiva cardinalizia al nostro della fine d’agosto di quel fatidico 1616. Il presule infatti, indirizzando la lettera al “Molto Rev.do nel Signore amatissimo, il prete Francesco Quagliotti” esordiva sì con un mirato riferimento al ridotto ma interessante e valido “beneficietto” di Cureggio, conferito a Francesco non “...per utile della persona sua ma per utile del Collegio di S.a Christina, in beneficio del quale so che lei lo spenderà” ma si allargava subito dopo sia all’“...unione di questo [Collegio] et dell’altro [Seminario]”555, sia alla spedizione allo stupito rettore di nuove “...patenti nella forma più ampla che si faccino, accioché lei si contenti essere Marta, in salute delle anime del prossimo”.
Una metafora per una figura che, continuava il vescovo-cardinale “...in questo caso è meritoria come Maria, per non dire più”. Inutile, a questo punto, ogni commento sulla indubitabile, altissima considerazione di cui godeva Quagliotti in episcopato a Novara. Taverna non si fermò tuttavia al “beneficietto” di Cureggio e alle nuove ed ampie “patenti”, così come non si arrestò alla nobile metafora del Quagliotti come Marta e Maria. Soggiungeva infatti il cardinale, consapevole della povertà del Collegio e delle ristrettezze nelle quali si trovavano a vivere e ad operare rettore e chierici studenti, che “...Circa l’aiuto per il loco, già l’ho detto a bocca più d’una volta, che tutto quello che le bisognerà avisi, che se le provederà del mio”.
Monsignore Illustrissimo si rendeva pertanto disponibile ‘del suo’, con una volontà ed una schiettezza ammirevoli e, va assolutamente rimarcato, ben poco usuali in un prelato di quella levatura, certo molto amico del venerabile Bascapè ma con un passato poltico-dilpomatico che doveva averlo reso almeno assai cauto verso slanci dettati da mera emotività o da una sia pur ammirevole spiritualità.
552 AONo, cart. 1, Vandoni, Annotazioni sopra la vita... cit., c. 13.
553 AONo, cart. 2, Libro delle messe cit.
554 Francesco doveva forse trovarsi nelle vicinanze di Novara. Il curato di Galliate infatti, don Bernardino Ramella, aveva chiesto cordialmente ma insistentemente, che venisse a predicare (“a far un sermone...”) nella locale parrocchiale di S. Pietro: AONo, cart. 3, 18 giugno 1616.
555 Il riferimento, che non si esita a definire qui un po’ criptico, è all’unione – tanto sospirata dal nostro - del Collegio collinare direttamente al Seminario diocesano di Novara, svincolando così di fatto la chiesa di S. Cristina dalla cura dei canonici della parrocchiale di Borgomanero, con i quali per anni Quagliotti aveva avuto dissapori e liti anche aspre che tuttavia – va ribadito - nonostante tutto sarebbero continuate ancora per oltre un secolo dopo la sua morte.