Page 189 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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montano; ragguagliandolo altresì sulla disciplina e, perché no, sui “...buoni mezzi che si potrebbero pigliar per promuoverlo”.
Ecco un punto di notevole interesse e di insospettata modernità: potenziare, promuovere l’azione e altresì ampliare la conoscenza del Collegio di S. Cristina in diocesi e magari anche fuori di essa. Una saggia campagna di promozione ad ampio spettro, con quelle che oggi si potrebbero con ragione definire quali mirate, calibrate, pubbliche relazioni ad hoc, grazie a quei possibili “buoni mezzi” che avrebbero inoltre potuto finalmente “...levare qualche impedimento”.
E di impedimenti, di dispiaceri, di quei tanto aspri, tanto citati e tanto amari “disgusti”, Quagliotti era ormai esperto: era purtroppo abituato ad averli, ad affrontarli, a sopportarli e, se possibile, a vigorosamente combatterli. A questi motivi, già più che mai validi per un tanto auspicabile quanto fruttoso incontro con Sua Eminenza Taverna, padre Melzi ne aggiungeva due. Due spunti pensati per aggiornare ulteriormente il presule e, se del caso, per suggerirgli con ogni umiltà, una positiva, vigorosa azione per dare un segnale chiaro, un impulso netto alla spiritualità della vasta, complessa diocesi gaudenziana.
Per prima cosa dunque, spiegava padre Melzi, sarebbe stato importante fargli intendere l’utilità del Collegio in ambito diocesano: erano ormai anni che ecclesiastici e laici avevano potuto constatare “...di quanto giovamento” fosse, per i giovani destinati al sacerdozio, l’istituto retto da don Francesco. Ma, sottolineava acutamente padre Ferrante sulla scorta, certo, delle talvolta sconsolate confidenze del nostro, sarebbe stato altrettanto importante far capire al successore di monsignor Bascapè che il Collegio, per continuare a funzionare a pieno ritmo e a dare ottimi risultati, avrebbe dovuto essere finalmente “...ben fondato non solo quanto al temporale, ma molto più quanto al spirituale o quanto al morale”.
Non è improbabile, riguardo a quest’ultimo, delicato argomento, che il dissimulato riferimento dell’edotto padre gesuita fosse in realtà all’ormai più che prossima proposta di fondazione della Congregazione oblatizia così come l’aveva in mente Quagliotti. Un progetto, un desiderio, un vagheggiato “dissegno” questo, di cui con ragionevole certezza dovevano ormai sapere sia lo scomparso, veneratissimo Bascapè, sia il cardinale di S. Eusebio, da pochi mesi nuovo vescovo di Novara, da tempo ben informato sull’andamento della diocesi grazie anche alle lunghe relazioni di monsignor Tornielli e addirittura, s’è visto, grazie al contatto epistolare diretto con il rettore di S. Cristina.
E ancora a proposito di “impedimenti” padre Melzi, che d’altronde era a sua volta perfettamente a conoscenza delle luci ma anche delle ombre e dunque delle non poche difficoltà incontrate, negli anni, dall’amico Quagliotti, nella medesima lettera ne accennava trattando, nelle ultime righe, “...di quel disgusto o risentimento” che Quagliotti aveva dovuto sopportare proprio a Novara.
Doveva essere accaduto qualcosa infatti a causa della severa, ammonitrice oratoria del teologo di S. Cristina: probabilmente qualcuno dei fedeli si era alterato reputandosi in qualche modo interessato in prima persona dalle parole del nostro,




























































































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