Page 188 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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L’arrivo del nuovo presule dal prestigioso rango cardinalizio, com’era prevedibile aveva attirato a Novara un grande afflusso di clero e popolo. Si voleva proprio vedere, sentire e forse perfino toccare Sua Eminenza Reverendissima e molti semplici sacerdoti, tra i numerosi che non occorreva convocare direttamente in curia, provarono a chiedere udienza.
Fu tentato di chiederla anche Francesco, che con il vescovo-cardinale aveva peraltro già intrattenuto, come sappiamo, un discreto e più che soddisfacente rapporto epistolare anche e soprattutto tramite il vicario generale del momento, monsignor Tornielli.
Il prudente rettore tuttavia, conscio delle difficoltà del Taverna durante quei primi, concitati giorni sulla cattedra gaudenziana, per scrupolo chiese consiglio all’amico padre Ferrante Melzi, il gesuita aronese che da anni ormai, periodicamente ospitava Francesco per cicli di esercizi spirituali. Saggiamente padre Melzi sconsigliò l’amico: sarebbe stato meglio rimandare la sua visita in curia a Novara a un periodo più tranquillo: “...Circa il suo andar a Novara per far riverenza al s.r Cardinale venuto nuovamente giudico che sia bene, per la ragione che lei dice, il differire un poco perché così anco potrà con maggior commodità di Sua Signoria Ill.ma dargli buon conto di sé e del suo Collegio, e della disciplina che in esso si osserva e di quelli buoni mezzi che si potrebbero pigliar per promuoverlo e di qualche impedimento che si potrebbe levare”.
Soprattutto, raccomandava d’un tratto il gesuita, avendo Francesco qualche giorno per potersi preparare al colloquio con Sua Eminenza Taverna “...giudicai che fusse bene che fra tanto pensasse coram Domino tutto ciò che gli vuol dire intorno a queste particularità, et che si mettesse bene a mente i capi per poterli rappresentare” al momento opportuno al vescovo con la “...maggior efficacia et libertà di spirito” possibile, perché solo così era certo che “...Dio concorrerà grandemente per far ch’il Cardinale apprenda l’importanza dei...” problemi presentati “...et la favorisca et aiuti con tutti i modi possibili”.
Sarebbe stato fondamentale insomma, che il giovane rettore parlasse con chiarezza e di cuore al cardinale e soprattutto “...gli facesse intendere di quanto giovamento sia per essere detto luogo” cioè il solitario Collegio di S. Cristina “...per la diocesi di Novara” sempre che, però, fosse “...ben fondato non solo quanto al temporale, ma molto più quanto al spirituale o quanto al morale”548.
Parole, queste di padre Melzi, che in più punti lasciano intuire l’importanza del rinviato colloquio del nostro con il nuovo vescovo. Un incontro che sicuramente non sarebbe stato solo diplomatico e di cortesia come nella maggior parte dei casi: dunque non solo e non tanto una cerimonia d’etichetta per mera “riverenza” ma un abboccamento riservato e decisivo per molti aspetti. Anzitutto, come Quagliotti doveva aver accennato all’amico gesuita (“...per la ragione che lei dice”) per dar conto al cardinale della sua azione di governo, come allora si usava dire, del Collegio
548 AONo, cart. 4, 22 giugno 1616, cioè appena tre giorni dopo le solenni cerimonie per l’ingresso e l’insediamento del nuovo successore di s. Gaudenzio. Padre Melzi rispondeva forse con un certo ritardo all’amico, come non manca di ammettere candidamente: “Non risposi hieri alla sua perché ero fuori di Casa [...] rispondo adesso”. Melzi avvisava inoltre Francesco che “...ricevei poi quei due libri che gli imprestai”.