Page 176 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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creare è oggi difficile dirimere la questione e valutare i comportamenti dei protagonisti di questa vicenda. Si trattò di un eccesso di zelo da parte del nostro? Oppure fu un’inavveduta, blanda indelicatezza da attribuire a lui o al Popolo?
E che dire poi del comportamento tenuto da don Martini: disattenzione prima e inutile risentimento poi? O magari lo screzio si dovette a una ripicca, all’eccessivo scrupolo di Giulio Cesare “barbier”, con stizzita rivalsa finale del curato di Fontaneto nei confronti di un rettore di S. Cristina solo parzialmente edotto delle tensioni maturate nel villaggio? Non lo sapremo mai.
Il “non laudo” dell’Alberganti, cui evidentemente i biografi del nostro non hanno mai dato molto peso517, fu certo un consiglio eccellente: fece sì che Quagliotti si tranquillizzasse archiviando, per così dire, i dissapori passati e seguisse in pieno il discreto suggerimento dell’“arcistroppiato” collega.
Non si hanno infatti, a riprova della sua adesione al pensiero del prudente amico omegnese, successive notizie di una eventuale sua nuova lettera all’irato collega di Fontaneto, mentre l’8 agosto518 – alcuni mesi più tardi dunque – il teologo di S. Cristina documentava lui stesso la sua presenza presso la parrocchia di Fontaneto, proprio quella nella quale di lì a qualche mese, a novembre, avrebbe celebrato “...pro Congregatione Oblatorum s. Caroli instituenda”519. Un segno questo, del netto riavvicinamento tra i due sacerdoti a seguito, è ragionevole crederlo, dell’amichevole incontro proposto.
Richieste per risolvere casi spinosi e per recarsi a predicare, Francesco le ricevette anche sia dal devoto ex discepolo, don Francesco Poletti, parroco in S. Martino a Novara, sia dall’amico e collega canonico di Pallanza, don Giacomo Tacco. Don Francesco, avvisandolo da Novara che al costo di tre denari erano ormai “...molti giorni che il suo missale è acconciato ma non ho mai hauto mezzo d’inviarlo costì” ne approfittava per chiedergli chiarimenti su un caso particolare e, per così dire, di rilevanza internazionale quantunque con ripercussioni pratiche locali.
In latino, forse per rendere meno intelligibile ai più il contenuto dell’inquietante domanda, desiderava il parere tecnico del nostro per sapere una volta per tutte se “...bellum proxime praeteritum inter Regem Hispaniae vel et Ducem Sabaudiae fuit iustum an iniustum” perché, proseguiva piccato “quando è giusto e lecito qui potest capere capiat, come alhor si faceva” ma, dubitava infine, “sendo ingiusto...”520.
La frase è lasciata così, in sospeso. La richiesta di chiarimenti, insomma, sembra vertere da un lato su un parere di diritto internazionale ma da un punto di vista eminentemente ecclesiastico, e dall’altro, tra le righe, ai drammatici risvolti sociali e di ordine pubblico ingigantitisi a causa della guerra.
517 In generale si è sempre creduto che invece Quagliotti rispondesse infine e per iscritto al suo collega; ma il consiglio invece era proprio contrario a questa soluzione: sarebbe stato molto meglio non scrivere e, se mai, recarsi di persona per evitare incomprensioni ulteriori e ambiguità di sorta. D’altra parte poi, quantunque non sia una prova sufficiente a favore di quanto si sostiene qui, un’ulteriore lettera del rettore di S. Cristina al curato di Fontaneto non si trova.
518 AONo, cart. 2, Libro delle messe. 519 Ivi.
520 AONo, cart. 4, 23 marzo 1616.