17 – La Trasfigurazione

Iscrizione: Il Tabor e l’Ermon esulteranno nel tuo nome: il tuo braccio è pieno di potenza (Salmo 88, 13-14). 

(Gesù) li condusse in disparte su di un alto monte, e si trasfigurò dinanzi a loro. (Matteo 17, 1-2 ).

All’origine del complesso, sorgeva il tempietto dell’Ascensione, una delle cappelle già esistenti nel 1403, essendo citata nell’atto di donazione ai frati. Al suo interno vi era collocata la riproduzione della Sacra Orma di Cristo, oggi visibile in Basilica sotto il pulpito di destra., e la statua di Gesù successivamente trasferita sulla fontana al centro della piazza maggiore, e ora presso l’altare di san Pietro d’Alcantara sempre in basilica. Successivamente, nel mutato panorama del monte, il luogo fu ripensato come il Tabor. L’attuale edificio varallese venne , infatti, impostato a partire dal 1572, ma ancora nel 1641 la struttura non era giunta al tetto, costruita solo nel 1647, mentre si dovette attendere il 1664 per la realizzazione della lanterna sulla sommità, come coronamento dell’insieme.

Il lungo cantiere ha però restituito una delle cappelle più scenografiche dell’intero percorso, contemplando la quale davvero l’animo è invitato a elevarsi verso l’alto, verso quel cielo da cui, come già al Giordano, risuona potente la voce del Padre , affrescato mirabilmente , nel 1665, dai fratelli Danesi detti i Montalti, originari di Caravaggio. Gli angeli che compaiono tra le nubi recano cartigli con stinchi di salmi e altri passi biblici e reggono i due grandi quadri in cui sono rappresentati la discesa di Mosè dal Sinai con le tavole della Legge, che verranno poi da lui infrante contro il vitello d’oro fabbricato dagli israeliti e l’assunzione di Elia sul carro di fuoco. Si tratta dei più noti episodi della vita dei due personaggi, che simboleggiano la legge e i profeti, venuti nella nube a testimoniare la missione messianica di Gesù.

la trasfigurazione
Sotto il profilo figurativo la composizione scenica della cappella si ispira alla celebre tela della Trasfigurazione realizzata da Raffaello, ora conservata a Roma presso i Musei vaticani.


Sul monte i tre discepoli( di cui non si conosce l’autore) che contemplano Gesù, tra Mosè e Elia. Questi ultimi personaggi sono stati realizzati nel 1670 dalla mano dello scultore Pietro Francesco Petera di Varallo, mentre in basso è presentata una vivace sintesi di alcuni altri miracoli compiuti da Gesù, in favore di  una umanità ferita che sembra attendere, ai piedi del monte, una redenzione.
I ciechi sulla sinistra , l’ossessa al centro e gli storpi alla destra, con accanto gli altri apostoli: una contrapposizione tra la gloria di Dio e la miseria della condizione umana.

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