Page 19 - Bollettino Gennaio - Marzo 2019
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gazione nel 1738.
Il Borromeo aveva infatti ottenu-
to dalla S. Sede un breve apostoli- co che lo avrebbe autorizzato “ad affidare agli Oblati la direzione di tutti li Seminarij della diocesi di Novara” unitamente ai Seminari dell’Isola S. Giulio e di Gozzano. Qualche problema sarebbe sorto invece riguardo all’ambito urbano dove – sostiene il Roccio attiran- dosi come sempre le irate critiche dell’anonimo commentatore della sua Cronaca agguerriti “Canonici della Cattedrale, nemici ostinati dei poveri Oblati” non cedettero alle imposizioni episcopali e non tolsero “...le loro zanne” da quel Seminario.
Inutile ogni azzardata risposta all’interrogativo di fondo: perché, cioè, il vescovo si sia improvvi- samente irrigidito e abbia preso quella drastica decisione; è però possibile e lecito, tutt’al più, e sulla base delle travagliate vicissitudini della Congregazione fino a quel momento, proporre qualche ipote- si. Il presule potrebbe, ad esempio, aver accolto le sotterranee, severe critiche di chi – tra i laici ed ancor più tra i sacerdoti della diocesi – sospettava che “molti” oblati aves- sero ancora (o avessero avuto in un troppo recente passato) idee gian- seniste o almeno filogianseniste.
Critiche anche malevole certo, ma gli eventuali sospetti sarebbero stati fondatissimi: sappiamo infat- ti che non pochi appartenenti alla Congregazione erano stati ben più che semplici simpatizzanti verso le idee neogianseniste di matrice transalpina. O forse Monsigno- re diede credito a quelle voci che,
se pure sorsero, avrebbero inteso metterlo in guardia su quello che si sarebbe percepito come un even- tuale eccesso di presenza oblatizia alla guida dei seminari diocesani: troppo potere, insomma, concen- trato nelle mani di pochi membri di un’unica Congregazione.
Alla morte del preposito generale Fassina, avvenuta come si è detto nell’autunno del 1818, seguirono poco più di due anni di vacanza nel governo della Congregazione. Nel 1821 venne invece eletto pa- dre Serafino del Prato, compagno di professione del Roccio, cui era legato da “vincoli di bella ed onesta amicizia” e dal quale era assai ap- prezzato. Tuttavia, la tendenza del nostro cronista ad accogliere voci, un dato di fatto che lui stesso non nega, e a dar credito – forse troppo e troppo spesso – a taluni mordaci pettegolezzi, fa sì che anche sull’ap- prezzato prepositurato di del Prato si scorgano delle zone d’ombra.
Padre Giacomo infatti insinua- va che la promozione dell’amico e Confratello fosse nata da una rimozione abilmente ‘pilotata’ dal cardinale Morozzo più che da una reale promozione per me- riti voluta e sancita dal presule. L’“imparzialità” del suo mestiere di storico e cronista imponeva si rife- rissero comunque, afferma il Roc- cio, alcune “opinioni” che, sia pure a torto, dovevano allora circolare liberamente tra Collegio e Curia episcopale. Opinioni, continua se- rio il Roccio, secondo le quali Sua Eminenza pensando al bene ed ai progressi futuri della Congre- gazione, forse dietro imprecisati e malevoli suggerimenti, avrebbe
concesso sì il prestigioso incarico prepositurale al del Prato ma solo in funzione dell’antico detto “pro- moveatur ut removeatur”.
Un vero colpo per l’immagine postuma di padre del Prato, do- vuta a opinioni che certo, secon- do il Roccio – di cui ci si chiede se realmente fosse costernato - non tennero nel debito conto le buo- ne prove offerte dal suo amato Confratello, prove che davano invece di lui “memorie tanto onorifiche”. Semplici voci, mere e anonime opinioni dunque, che però l’oblato, l’amico, lo storico, il cronista Roccio non disdegnò di riportare.
Perché dar credito o, almeno, dare spazio a voci senza fondamen- to alcuno, gettando così un’ombra sulla figura di del Prato? Non si sa di preciso. È tuttavia singolare constatare che l’illustre successo- re di padre Serafino del Prato alla guida della secolare Congregazione novarese fu proprio il Roccio. Un successore, come subito si affan- na a sottolineare padre Giacomo, che era stato regolarmente eletto e senza ombre di sorta riguardo alla validità della sua promozione, for- temente e personalmente voluta, pare, da Monsignore illustrissimo. Un Roccio tra l’altro che proprio allora, nel 1824 , al momento della sua elezione al prepositurato obla- tizio era “Direttore generale del Se- minario urbano” nonostante le de- scritte, presunte contrarietà con i Canonici della cattedrale riguardo all’espletamento di tale incarico. (continua nel prossimo numero)
Andrea Bedina
Racconti Missionari - Continua da pagina 16
B. COME BONTÀ
bontà con il farsi mettere i piedi in testa, con l’essere poco furbo, con il farsi prendere in giro e sfruttare da chi cercava i suoi interessi. Eppure, testardamente, ho ricominciato ogni volta, sopra tutto, dopo le de- lusioni. Sono arrivato alla conclusione (parziale an- cora), che ne vale ancora la pena. Come diceva mio
padre: vai a dormire alla sera con la coscienza a posto (questo deve essere il tuo cuscino). Certo bisogna non solo essere buoni, ma anche aiutare gli altri a ca- pire che anche loro lo possono essere.
Padre Oliviero Ferro, saveriano, valsesiano
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