Page 19 - Bollettino Gennaio - Marzo 2020
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                Videat Qui P(er) agrare Neq (ui) t.
(Ho riportato il testo non secondo la trascrizione del Fas- sola, ma ricopiandolo sciogliendone le abbreviazioni).
La scritta risulta una efficacissima sintesi di quello che era allora e che doveva divenire il complesso va- rallese da poco iniziato, secondo il programma dello Scarognini e del Caimi, oltre a fissare una data sicura e fondamentale per il compimento del primo edificio sacro, ossia della cappella del Santo Sepolcro, punto d’ avvio di tutta l’impresa “cum fabrica sibi contigua”, e di conseguenza per gli antefatti, ossia per la fondazione della stessa Nuova Gerusalemme.”
Non fu, dunque, tanto la presenza turca nel Medi- terraneo a imporre la riproposizione dei luoghi santi in Occidente, e specificamente a Varallo, archetipo dei Monti Sacri, quanto il bisogno di vivere qui l’esperien- za del pellegrinaggio, luoghi dove era più facile conver- tirsi, avvicinarsi a Cristo attraverso la sua presenza ter- rena, della devozione ai luoghi sacri della Redenzione, coeva alla diffusione del Cristianesimo.
Se ne fecero interpreti i francescani, notoriamente vicini al popolo, al suo modo di sentire (e basterà allu- dere al presepe di San Francesco). Così a Varallo sorsero anche Nazareth e Betlemme, e sulla sommità del Mon- te, nella Gerusalemme, il Cenacolo, il Calvario e tutti i luoghi appunto della città santa per tre fedi religiose.
E Gaudenzio Ferrari, tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del Cinquecento, riversò la sua fede e il suo talento straordinario d’artista nelle architetture e nelle sculture ove quella religiosità popolare, del popolo di questi monti, si impreziosiva della ispirazione rinasci- mentale (e le conquiste del Rinascimento si arricchiva- no della autenticità di espressione della pietà popolare).
Ma a Gerusalemme il pellegrinaggio partiva e parte proprio dal Sepolcro. Fondamentale in fra Bernardino Caimi quella esperienza, diventata a Varallo un punto di partenza non casuale per quella che viene chiamata la topomimesi caimiana.
Ogni giorno ancora oggi i frati compiono nel pome- riggio nel sepolcro di Gerusalemme una solenne pro- cessione.( alle 16,05, secondo l’ultimo regolamento).
Dopo San Carlo e dopo il Concilio di Trento, allor- chè Sisto V affermò il potere vescovile sul Sacro Monte e il venerabile Bascapè costruì il palazzo di Pilato sul Sacro Monte, nel Seicento anche il pellegrinaggio e la fruizione religiosa delle cappelle assunsero un aspetto più regolamentato, organizzato, per così dire più uf- ficiale. Vennero poste le grate e gli oculi, si sottolineò l’aspetto catechistico della visita alle cappelle, ma non venne mutato il significato di base: il pellegrinaggio quale esperienza religiosa, partecipazione vitale alla passione redentrice di Cristo.
Fine della prima parte.
p. Giuliano Temporelli (ha collaborato il prof. Giulio Quirico)
Da Matera il 54o Congresso Nazionale dei Santuari
  CONVEGNO NAZIONALE RETTORI
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hanno un grande desiderio di credere, o persone che sono mosse esclusivamente dal gusto per la bellezza. Come nel Medioevo le Cattedrali spesso rappresentavano la Bib- bia dei poveri, i Santuari oggi possono diventare il volto della Santità, possono far riscoprire il Vangelo attraverso le narrazioni dell’arte, autentiche catechesi per verificare l’azione misericordiosa di Dio.
Il percorso del Convegno ha visto tracciare, attraverso autorevoli relatori, come Mons. Domenico Pompili, Ve- scovo di Rieti e Presidente della Commissione CEI della Cultura, Mons. Marco Frisina, il Vescovo Mons. Carlo Mazza Assistente Ecclesiastico del Collegamento Santua- ri, Prof. Francesco Buranelli Presidente della Commissio- ne per la tutela dei beni storici e artistici della S. Sede, Suor Giuliana Galli impegnata nel sociale nella città di Torino, Mons. Paolo Tomatis Presidente Nazionale dei Professori di Liturgia e i Vescovi di Potenza e Matera, tutti hanno sviluppato e tracciato il tema della bellezza del mistero di Dio attraverso Maria la “Tutta Bella”, i Santi, l’arte iconografica, pittorica e scultorea cosi accen- tuata nella grande rete dei Santuari, la Liturgia, la Musica, il Canto, la Carità, espressioni vive del servizio che i pa- stori e i collaboratori dei Santuari offrono ai tanti fedeli e pellegrini che frequentano queste Oasi dello Spirito.
Quale segreto di bellezza ci portiamo dentro? Da quan- to ascoltato ci portiamo dentro quella capacità di stupirci dinanzi alla maestà di Dio che guida le nostre vite e vi- vifica ogni cosa e la capacità di stupirci dinanzi alla sua creatura più bella: l’uomo. L’uomo in quanto espressione massima del suo amore, espressione della dolcezza dell’a- nimo, raffinato sentimento di condivisione e amore in- condizionato. Propaghiamo il bello non solo nella ricerca dell’estetica ma nell’interiorità e negli atteggiamenti: que- sto è in grado di cambiare noi stessi, la società, il mondo.
Diamoci il compito di ispirare gli altri a cogliere il sen- so profondo della vita, l’essenza che brilla di luce propria che è la Bellezza assoluta, nella sua forma più pura, più vera. Ci emozionano le parole di Anna Frank, che sono racchiuse come un monito nel suo diario: “pensa a tutta la bellezza ancora intorno a te e sii felice”.
Quando si parla, di via pulchritudinis, si parla di una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un per- corso artistico, estetico, ed un itinerario di fede e di ricer- ca teologica.
La via pulchritudinis può diventare lo strumento favo- revole per aprirsi al mistero di Dio e conoscere meglio la sacralità del luogo dove incontrare Dio, riscoprire la te- nerezza della Vergine Maria e accostarsi alla venerazione dei santi, la cui devozione ci invita a percorrere la via della santità personale. La via puchritudinis dunque è iniziati- va culturale e allo stesso tempo catechetica che rilancia i Santuari come veri spazi di evangelizzazione.
A cura della Redazione
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