Page 15 - Bollettino Gennaio - Marzo 2020
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                seminariale dovette avvenire fuori dalla diocesi novarese, non trovandosi il suo nome tra quelli dei chierici che han- no frequentato i nostri semi- nari, ma compare tra quelli che, il 16 marzo del 1771, il vescovo Marco Aurelio Balbis Bertone ordinò sacerdoti nel- la cattedrale di Novara. An- che per gli anni che precedono il suo ingresso come parroco di Massiola, avvenuto il 24 novembre 1782, non si han- no notizie sicure, eccettuato un brevissimo periodo di mi- nistero nella vicina Loreglia nell’estate del 1779.
A Massiola succedette a
don Felice Teodoro Gianoli
di Chesio, che fu a guida della
comunità per oltre trent’anni,
in un momento molto delicato e difficile per il piccolo centro montano. Era infatti incorso la sofferta separa- zione dalla parrocchia di Santa Maria Assunta dei paesi di Fornero e di Piana per costituirsi in parrocchia au- tonoma. La controversia giunse anche davanti al Re- gio Senato Sabaudo di Torino che era favorevole alle richieste di autonomia dei due centri, mentre la diocesi cercava di tergiversare per giungere ad un accordo che mitigasse le forti controversie che spesso sfocavano in litigi e comportamenti incettabili. Possediamo la let- tera che il parroco scrisse ai superiori per descrivere, nel dettaglio, la complicata situazione, dando prova di equilibrio e capacità di analisi, che costituisce un im- portante documento per la storia, non solo religiosa, della valle. Anche dalla puntuale compilazione dei regi- stri parrocchiali, curata da don Pietro, si possono trarre importanti notizie sulla vita della comunità di Massio- la e sulla vita dei suoi abitanti che, negli anni del suo ministero, ammontavano a circa quattrocento.
Ripresa della vita parrocchiale
La vita della parrocchia, dopo l’avvenuta separazione dei due paesi, riprese con maggiore tranquillità e don Migliacca poté dedicarsi alla cura del gregge assumen- do, dal 1804, anche l’incarico di vicario foraneo della valle. Non erano certo anni facili, a motivo dell’avven- to dei governi napoleonici che, com’è noto, non pochi problemi causarono alla Chiesa; ciò nonostante il ser- vizio umile ma concreto di don Pietro mantenne viva la fede nella valle cusiana, continuando quelle pratiche, tra pietà e tradizione, che hanno da sempre caratteriz- zato la vita cristiana dei nostri paesi di montagna. An- che la cura per il catechismo, la devozione eucaristica e la cura per gli edifici sacri del piccolo centro furono
ambiti in cui il sacerdote fu molto apprezzato da tutti i suoi parrocchiani.
Il contesto però in cui l’eroicità di don Pietro si di- stinse in modo particolare fu quello dell’epidemia di tifo petecchiale che colpì Massio- la a più riprese, tra il 1816 ed il 1818, e di cui lo stesso par- roco fu vittima. Stando, infat- ti, alle testimonianze appunto raccolte dai contemporanei, don Pietro si ammalò avendo contratto il morbo mentre si prodigava per l’assistenza dei malati, cui portava i conforti religiosi e i necessari aiuti. Sul registro dei battesimi della parrocchia di Crusinallo, da cui dipendeva Gattugno, ac- canto al nome di don Migliac-
ca venne scritto: decessit in odore sanctitatis, martyr charitatis. Al momento della sua morte, attorniato da tutti i suoi parrocchiani, il sacerdote fece una promessa: lui sarebbe stato l’ultimo morto del paese a causa di una malattia infettiva; dopo di lui, di fatto, non si riscontrò in loco più nessun decesso a causa della malattia.
La venerazione dei massiolesi verso il loro parroco, sepolto nel piccolo cimitero del paese, si accrebbe an- cor di più al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando si attribuì alla sua intercessione la salvezza del borgo dalle rappresaglie nazifasciste e il ritorno dal fronte di tutti i soldati in guerra. Nel 1946 i suoi resti vennero collocati all’interno della chiesa parrocchiale, entro un’artistica urna collocata in una cappella latera- le; lì ancora sono collocati, nonostante una disposizio- ne contraria da parte del vescovo Gilla Vincenzo Gre- migni che ne vietava la pubblica esposizione non essen- do ancora un personaggio beatificato o canonizzato. Il parroco di allora – 1953 – non si sentì di ottemperare all’ordine del vescovo, stante la sentita devozione del popolo per il suo Buon Pastore.
Sono da poco trascorsi duecento anni dalla morte di don Pietro, ma la sua memoria non si è certo affievolita in seno alla comunità cui dedicò la sua vita, fino al suo sacrificio eroico; dal cielo egli sembra ancora prendersi cura del piccolo centro, adagiato sul solatio pendio del- la montagna, e dei suoi abitanti che lo invocano nelle loro necessità.
Per approfondire questa particolare figura di sacer- dote si consiglia: Cerruti Lino a cura di: Don Pietro Antonio Migliacca, Massiola 1985 (da pag. 35 vi è la ristampa della biografia scritta da don Felice Piana)
Don Damiano Pomi
 Gennaio / Marzo • 2020
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