Page 9 - Bollettino Aprile - Agosto 2020
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Conosciamo il Sacro Monte
LA FACCIATA DELLA BASILICA
Il progetto dell’ingegner Giovanni Ceruti - Le prime redazioni
(Nel numero passato c’è stata una ripetizione dell’articolo precedente. Chiediamo scusa a voi lettori e all’autore)
Con l’intervento munifico dei
coniugi Durio per realizzare la
facciata ed il progetto ideato
dall’architetto Ceruti, si chiu-
de un ultrasecolare capitolo, si
interrompe una tradizione di
schemi tra loro affini, si volta
pagina. Caratteristica di quasi
tutti I progetti precedenti del
tardo settecento e dell’otto-
cento, come si è notato descri-
vendoli uno ad uno, era di far
combaciare l’erigenda struttura
con il volume retrostante dell’e-
dificio sacro, non di superarlo
in dimensioni, soprattutto in
altezza, come un ampio panna
dentro, ed era pure di proiettare
avanti le strutture architettoni-
che con un pronao, o un intero
porticato, A volte sovrastato da
una loggia, per accogliere e riparare I pellegrini dalle intemperie o dal sole cocente. Ora tutto muta,. La pri- ma idea, il primo abbozzo di progetto, ridisposto già nel dicembre del 1890, come si è detto nella puntata precedente, e rimasto probabilmente presso la famiglia dell’architetto, perfezionato e poi datato 31 gennaio 1891, deve essere sostanzialmente quello fondamenta- le, quello che segna la svolta, quello in linea di massi- ma concordato e definito tra I donatori e l’architetto, loro interprete e geniale esecutore, quello che rimarrà invariato nella sostanza, nell’impianto generale. Infat- ti le successive riduzioni non apportano delle vistose modifiche. Quella che reca la data 20 luglio 1891 viene presentata lo stesso giorno all’amministrazione del san- tuario con la lettera ufficiale da parte dei Durio, pen- so mostri solo delle varianti per le parti ornamentali, come avveniva abitualmente. Segue un nuovo disegno, pure datato 1891, ma senza indicazione del giorno e del mese; viene poi il disegno della Scalia centrale, ma ancora priva delle due rampe semicircolari ai lati, completando in sostanza solo quelli precedenti. L’ul- tima redazione del 1896, conservata al museo del sacro Monte, e quella finale, dello stesso anno dell’inaugu- razione dell’opera ed è completa di parete frontale, scalinata centrale e rampe laterali. Il progetto è dun- que una novità assoluta, fuori da ogni legame, da ogni richiamo a quelli anteriori. Si direbbe che il Ceruti non li conoscesse, non li avesse visti, o non li avesse volu- ti vedere per sentirsi più libero, non influenzato. Però quello notissimo del Cagnola non poteva non cono-
scerlo attraverso la diffusissima incisione dei Bordiga. Ma ov- viamente non ne tiene nessun conto, trattandosi di un proget- to appartenente ad una cultura ormai lontana nel tempo. Sia- mo anche lontani da ogni rap- porto, da ogni ricordo, da ogni Influenza della tradizione arti- stico culturale della Valle. Ciò non deve stupire, dati I legami dei Durio con la Spagna, Bar- cellona in particolare. E noi oggi dobbiamo anche tenere conto che centotrent’anni or sono, mancava totalmente una cul- tura, una sensibilità, purtrop- po ancora adesso elitaria, per il rispetto, la conservazione, la valorizzazione delle caratteristi- che, delle espressioni artistiche,
La facciata progettata da Giovanni Ceruti
artigianali, ambientali, delle tradizioni locali, Come testimonianza di una cultura specifica, di una civiltà, da trasmettere alle successive generazioni. Del resto, anche il Ceruti, formatosi a Milano in pieno sviluppo dell’eclettismo alla scuola di Camillo Boito, abituato a progettare particolarmente per Milano e per l’area lombarda, Pensa in grande, a qualcosa che travalichi I ristretti limiti dell’aria valsesiana, forse anche per por- tarvi un respiro nuovo, per conferire al sacro Monte un carattere, un’impronta ben più vasta ed aggiornata. I Durio poi, abituati con I loro grandi alberghi al fasto, alla viva città, al gusto esuberante del mondo iberico e dell’alta società, devono certo aver desiderato un qual- cosa di meno regionale, di meno legato alla valle, di più internazionale se possibile: un monumento di grande effetto, che stupisca, che “ lasci senza fiato”, un qualco- sa di mai visto,, di mai immaginato. L’opera deve emer- gere con una grandiosità unica. Anche la Valsesia deve poter contare un’architettura degna delle grandi città. È su questa premessa, e con questi intendimenti che il Ceruti sviluppa la sua idea alla fine del 1890. Come esattamente verrà specificato nella lettera all’ammini- strazione del sacro monte (20 luglio 1891), non si usa il termine “progetto“, ma molto più modestamente “decorazione“ della facciata. Cioè di un rivestimento della parete grezza, di uno scenografico fondale per la Piazza Maggiore: quasi un immenso manto tutto spa- lancato ad accogliere I fedeli. L’architetto sembra ispi- rarsi, o almeno avere presenti, alcune celebri facciate rinascimentali dell’area lombarda, | Continua a pag. 10
Aprile / Agosto • 2020
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