Page 16 - Libro Sacro Monte di Varallo
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le incisioni ad iniziare da quella del 1587 pubblicata nell’opera del P. Gonzaga, in cui il Caimi compare insieme a vari altri beati del suo ordine, seguita da quel- la dell’Arbor Beatorum della Provincia di Milano dell’inizio del Seicento e da quella del Bianchi del 1700 circa a cui bisogna aggiungere la serie abbondantis- sima di incisioni per lo più popolaresche, derivanti dalla statua del D’Enrico, e pubblicata sulle numerosissime guide del Sacro Monte. L’iconografia del Caimi annovera poi anche varie medaglie ad iniziare dal se- colo XVII, per lo più ovali, recanti su una faccia il P. Bernardino e sull’altra l’Assunta, altre raffiguranti il Caimi su ambo le facce, lievemente varianti per misure e didascalia, sia in argento che in rame. Di queste ultime una fu rinve- nuta addirittura nel santuario della Visitazione ad Ain Karim in Palestina. A queste ne seguono altre del secolo scorso e del nostro, di fattura però più indu- striale; ma tutte sempre riproducono il Caimi nell’iconografia consueta con il modellino del Sacro Monte in mano. La nostra grande statua di rame che presenta invece il frate con un braccio alzato e l’altro che protende un ampio foglio aperto, si stacca dalla tradizione e si distingue per la sua originalità. In sostanza si tratta di una raffigurazione del tutto nuova e della più impegnativa e monumentale che l’Ottocento ci abbia dato del Caimi. Diverso è il discorso per quanto riguarda la statua del Ferrari. Notissimi sono i vari, ma non sempre sicuri, suoi autoritratti: quello sotto le spoglie di un pelle- grino ai piedi della croce nella grande parete della Madonna delle Grazie; l’altro, pure in abito da pellegrino, affrescato presso la porticina di sinistra nella cappel- la della Crocifissione ai Sacro Monte; un terzo più ipotetico, pure sulla sinistra, nella cappella dei Magi. A questi si deve aggiungere un autoritratto su tela già nella collezione Giu- stignani di Roma, passato nei 1812 nelle raccolte reali di Berlino ed oggi pur- troppo non più rintracciabile, ma di cui si è recentemente scoperta una piccola riproduzione in incisione. Notissimo è il ritratto di profilo, divenuto poi classi- co, dipinto dal Lanino nella cappella di S. Caterina in S. Nazzaro a Milano nel 1546. Ma bisogna fare un balzo fino al secolo scorso per trovare una vera fioritu- ra iconografica gaudenziana con la piccola incisione dell’Autoritratto già Giu- stiniani (1812), quella di un presunto ritratto pubblicata dai De Gregori nella sua Istoria della vercellese letteratura ed arti (1819-21), ripresa poco dopo dal Paroletti nelle sue Vite e ritratti di sessanta piemontesi illustri (1824), 16 Le statue
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