5 – L’Adorazione dei Magi

Gruppo di Betlemme ( cappella 5-6-7)

Il  visitatore del Sacro Monte varallese è coinvolto in un percorso più ampio che non la sola rivisitazione dello specifico luogo Santo. Per entrare nel complesso di Betlemme non scende più dalla scala verso la cappella della Presentazione al Tempio, ma vi accede dalla parte opposta, dopo aver attraversato il portico e il corridoio realizzati, con la costruzione della scena del corteo dei Magi, negli anni Venti del XVI secolo. In origine, però, non era così e l’identità con la grot­ta di Palestina era perfetta. Nel testo guida del 1514, il complesso di Betlemme viene descritto come sotterraneo: l’ingresso avveniva attraverso il portale che attualmente si varca salendo. Questo, indubbiamente, causò in parte la perdita dell’identità del percorso con quello betlemita, anche se fortunatamente non è venuto a pregiudicare elementi strutturali.

 

Iscrizione: Lo adoreranno tutti i re della terra e tutte le genti lo serviranno (Salmo 71,2 ).

Abbiamo veduto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. (Matteo 2,2 ).

Volgendosi verso sinistra, il pellegrino che sosta davanti a questo altare incrocia il proprio sguardo con quello dei Magi che, come lui, dopo lungo cammino sono anch’essi giunti al luogo indicato dalla stella. La rappresentazione contenuta in questa cappella, come già accennato realizzata posteriormente al Caimi, si presenta come assai singolare. Non si tratta, infatti, della consueta scena dell’Adorazione dei Magi, prima manifestazione di Cristo che la Chiesa ricorda il giorno dell’Epifania, ma, attraverso l’impostazione artistica fatta da Gaudenzio, viene data espressione al cammino compiuto dai misteriosi sapienti venuti da Oriente.


Il corteo dei Magi comprende una varietà di personaggi, secondo canoni iconografici che, specialmente dal Rinascimento in poi, hanno caratterizzato la rappresentazione del noto episodio del Vangelo di Matteo. Anche al Sacro Monte essi sono tre, un numero che, pur non specificato nel testo evangelico in cui viene usato il termine generico «alcuni», andò affermandosi molto precocemente, determinato dal numero dei doni da loro recati e successivamente codificato da una variegata produzione di letteratura apocrifa che ha ampliato le sobrie notizie fornite dall’evangelista. Anche i nomi con cui essi sono popolarmente conosciuti, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, derivano da fonti non canoniche.


Il  Ferrari riesce a dar forma e colore a quella primizia dei popoli che i Magi da sempre rappresentano nell’interpretazione ecclesiale: il moro, i paggi dalla pelle scura e dalle fattezze orientali. La composizione dell’insieme appare però più sobria se paragonata all’analoga scena realizzata dallo stesso artista sulla parete delle Grazie circa un decennio prima, da cui è ripreso il particolare del servo che si china per allacciare le calzature del suo sovrano. Anche qui lo spazio è dilatato dalla perfetta fusione ed armonizzazione tra parti scultoree e scene pittoriche, come ben esemplificato dal cavallo visibile sulla parete a sinistra le cui zampe posteriori sono inserite nel muro, mentre il corpo rende forma protendendosi nell’aula.


Sono ben visibili i doni recati: l’incenso nel calice del primo magio, l’oro nello scrigno del sovrano moro e la mirra nel vaso per unguenti sorretto da quello in centro. Essi rappresenterebbero simbolicamente, secondo la tradizione, rispettivamente la divinità, la regalità l’umanità del Bambino nato a Betlemme.