Page 93 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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meditazioni che seguono risentirono infatti ed evidentemente del torrido clima di quell’estate – aronese? – del 1613: “Alcuni motivi e sentimenti per sopportar volontieri il caldo”.
Racconta infatti Quagliotti che “...Doppo l’Ottava del Corpus Domini, stentando a far oratione per molta debolezza cagionata dal caldo pregai il Signore a darmi motivi e sentimenti per sopportarlo con frutto maggiore e, strascinatomi in terra qual serpe, già che non potevo star in ginochio, conobbi queste verità e provai sentimenti proporzionati.... Tutte le afflizioni corporali Iddio le manda per tre fini: primo, per penitenza de’ peccati, ne’ quali il corpo ci ha tanta parte con i suoi gusti illeciti... 2°. Per humiliar i superbi, perché non c’è cosa che più riduca l’huomo peccatore a se stesso che quando si trova sferzata la petulanza della carne [...] 3. Per eccitar i tepidi e pigri alla immitatione di Cristo già che da se stessi non si san spingere, poiché havendo Cristo patito per darci essempio di eleger questo bene, vol Dio che ci sij chi lo siegua et massime chi ne ha obligatione per lo stato di perfetione. O quanto vi ringrazio, Signore, di questi ajuti per patire con frutto quanto questo, che il mio corpo sij afflitto e fiacco: adesso voglio ravvivar spesso questi motivi, ma Voi rinforzate il mio spirito debole [...] Approvo e Vi ringratio che con ciò si soddisfacci la giustitia vindicativa secondo i sentimenti altre volte in ciò provati, se ben mal corrisposti. Vi ringratio che con ciò mi teniate basso, perché in fatti non posso applicar a meditatione né a studio e mi fa fin fastidio il parlare, il star a sedere, onde non posso far altro che star qualche hora steso come un bue et un asino sull’herba; et d’altra parte mangio, bevo, dormo, come se tutto il giorno lavorassi. Hor questa gran povertà mi confonde, mi humilia e non mi lascia pericolo d’invanire, ché questo è un gran bene per me. Infine, mi fa ricordare della languidezza di Giesù, a cui unisco la mia patendo qualche cosa in questo genere di patimenti, che è il più facile perché io non ho dolori di capo, di denti ect., ma sol questa prostrattione. Siché talmente mi fa gratia il Signore di immitarLo in una cosa picciola, che me lo attempera con il meno che si possi patire; nel che anche meglio mi fa conoscere che son un huomo da niente, di soli propositi e di niuni fatti. O quanto vi ringratio mio Dio: seguitate pure a far così sin che vi piace...”.
“Innanzi al Santissimo”, il caldo, ascetico soggiorno sul lago Maggiore gli suggeriva “motivi più particolari” di tranquilla, operosa devozione e di paziente contrizione a paragone con ben diversi ed infernali ardori: “...l’uggualità che pretende la giustitia punitiva, cambiandoci l’ardor della fornace d’inferno e di purgatorio in questo puoco calore, che rispetto a quello, più arso, è acqua fresca. Che grand’amore! Che dolcissima provvidenza!...”. E ancora: il caldo a Francesco pareva assai utile e doverosa punizione “...Per castigar l’ardore della concupiscenza, della colera, della natura focosa nell’operare con un caldo che debilita e con ciò leva il fomite della passione”.
D’altra parte, cosa meglio dell’afoso calore estivo “...per giustissimo castigo della freddezza spirituale in amar Dio, massime doppo che Cristo ha portato in terra il fuoco divino e ce l’ha lasciato, ardente, perpetuamente ne’ nostri altari, nel ss.mo Sacramento [...] Però, chi non vol il calore nel cuore, l’habbi nel corpo: per quae































































































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